08 Mar 21

Per la parità di genere, ancora 60 anni

Il Parlamento europeo celebra la Giornata internazionale della donna nella sessione plenaria dell’8 marzo. Secondo l’Indice sull’uguaglianza di genere 2020, stilato in base ai dati raccolti nel 2018, curato dall’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere, Eige, l’Ue ottiene un punteggio del 67,9%, al ritmo attuale, mancano almeno 60 anni prima di poter raggiungere la completa parità.

A un anno dalla diffusione dell’epidemia da coronavirus, si teme che la ricaduta sociale ed economica possa innescare impatti a lungo termine sull’uguaglianza di genere e un concreto pericolo per 47milioni di donne e ragazze in tutto il mondo di ricadere sotto la soglia di povertà, si legge negli approfondimenti del Parlamento europeo.

Circa l’84% delle donne lavoratrici tra i 15 e i 64 anni sono impiegate nei servizi, compresi quelli più colpiti dalla crisi da covid-19 e dovranno affrontare la perdita di posti di lavoro. Nell’Ue, le donne rappresentano l’82% di tutte le persone addette alle casse e il 95% delle persone impiegate nei lavori domestici e assistenziali. La quarantena ha avuto un impatto sugli impieghi legati agli asili nido, lavori di segreteria, pulizie e domestici.

Oltre il 30% delle donne nell’Unione lavora part time, impiegate in larga parte nell’economia informale, caratterizzata da minori diritti sul lavoro e protezione sanitaria e dall’assenza di altri benefici fondamentali.

In alcuni Stati membri, divari retributivi più bassi, come quello italiano del 5%, tendono ad essere collegati ad una minor partecipazione delle donne al mercato del lavoro.
A loro volta, divari più alti, dipendono da un’elevata percentuale di donne che svolgono un lavoro part-time o alla loro concentrazione in un numero ristretto di professioni.

Sebbene le laureate superino i laureati nell’Ue, sono sotto rappresentate nel mercato del lavoro.
Le donne non soltanto guadagnano di meno all’ora, ma svolgono anche meno ore di lavoro retribuito. Tutti questi fattori insieme creano il divario retributivo complessivo tra uomini e donne, che nel 2014 era quasi del 40% ed è più alto nel privato nella maggior parte degli Stati membri.

Ursula von der Leyen

Altre cause del divario salariale sono la sovra-rappresentazione delle donne nei settori a basso salario come l’assistenza, i lavori domestici e i servizi e la sotto-rappresentazione nei settori dove le retribuzioni sono più alte.

Nel 2018 erano donne solo il 41% di tutti gli occupati ingegneri e scienziati nell’Ue. In Europa le donne occupano solo il 33% delle posizioni manageriali, vi sono ancora posti di lavoro, come nei settori della scienza, della tecnologia e dell’ingegneria, dove la percentuale di uomini impiegati è molto elevata, oltre l’80%. Le donne occupano anche meno posizioni dirigenziali, meno del 6,9%, degli amministratori delegati delle principali aziende. I dati Eurostat mostrano che le donne manager sono le più svantaggiate: guadagnano il 23% in meno all’ora rispetto agli uomini manager.

Continuano ad essere vittime di una vera e propria discriminazione sui luoghi di lavoro, che si riflette nell’essere retribuite meno dei colleghi di sesso maschile che lavorano nelle stesse categorie professionali o nel subire una retrocessione al ritorno dal congedo di maternità.

In Europa nonostante i progressi le disuguaglianze persistono, le donne guadagnano in media, all’ora, il 15% in meno degli uomini.

La percentuale più alta si riscontra in Estonia (25,6%), a seguire Repubblica Ceca (21,1%), Germania (21%), Regno Unito (20,8%), Austria (19,9%) e Slovacchia (19,8%). Le percentuali più basse si ritrovano in Slovenia (8%), Polonia (7,2%), Belgio (6%), Italia e Lussemburgo (entrambi 5%) e Romania (3,5%).

La parità retributiva è disciplinata da una direttiva Ue di cui il Parlamento europeo ha ripetutamente chiesto la revisione oltre a ulteriori misure. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha annunciato che la sua Commissione lavorerà su una nuova strategia.

Con i divari che si accumulano le donne sono a maggior rischio povertà ed esclusione sociale in età avanzata. Il divario di genere nelle pensioni era circa del 30% nel 2018, oscillando da un massimo del 43% in Lussemburgo, a un minimo dell’1% in Estonia.

La parità di retribuzione è una questione di giustizia e stimolerebbe l’economia, una riduzione di un punto percentuale del divario retributivo di genere, si stima comporterebbe un aumento del prodotto interno lordo dello 0,1%.

Il principio venne introdotto nel Trattato di Roma nel 1957, ma il divario retributivo persiste. Nella risoluzione votata il 30 gennaio 2021, il Parlamento ha sollecitato la Commissione europea a proporre misure vincolanti sul divario retributivo di genere e sulla trasparenza retributiva sia nel settore pubblico che in quello privato.

La Commissione dovrebbe proporre una nuova strategia per l’uguaglianza di genere attesa entro marzo.