11 Apr 14

Ma che vita è dopo cinque anni?

Ci siamo talmente abituati ai puntellamenti e all’odore rancido del legno del centro storico che ci passiamo nonostante tutto, non più con la speranza, ma come fossimo in una normalità allucinata, dove ubriacarsi senza troppi problemi all’ombra dei puntelli dei ponteggi e delle polveri sottili dell’asse centrale, che s’ingoiano con gli alcolici. Perché questo si fa di sera nel centro storico, mentre di giorno sono solo le maestranze a vivere la città. Le scuole sono di latta, è vero, piace a tutti ricordare negli anniversari, come è ormai anniversario quello del sei aprile, che i nostri bambini non hanno conosciuto le scuole vere, non andranno mai in una scuola del centro storico, chi sa che tipo di scuola conosceranno mai, mentre quelle di latta, i container, altrimenti chiamati musp, a breve non reggeranno più neanche le manutenzioni, perché sono nati per essere provvisori. Ci piace però leggere della polemica per cui L’Aquila può spendere 32milioni di euro sulle scuole vere dal 2011, ma non facendo i progetti non ha accesso a quei fondi e quindi ancora più giù con la ripicca, col sangue amaro verso i commissari che ci hanno rovinato e contro quel semi commissario, qual è Aielli, il titolare dell’Ufficio speciale, per cui se non si piegherà all’apatia comunale, ma soprattutto all’apatica sovranità degli amministratori, deve togliere le tende, e per questo, non stanno mancando pressioni al sottosegretario Legnini, responsabile per la ricostruzione, e a Mancurti ormai di casa, perché faccia dare una regolata ad Aielli. Scaviamo a fatica i nuovi sottoservizi, ma non sarà mai una smart city, diamo fondi a pioggia per la rinascita, ma regrediamo ogni giorno di più a provincia deindustrializzata, con capannoni abbandonati, bar periferici e architetture distrutte, e periferie zeppe solo di palazzine e di alloggi antisismici, 19 quartieri in tutto e in più, rispetto ai vecchi quartieri. Il sociale è negato perfino nelle strutture donate dalla Caritas e ad oggi, dopo cinque anni, e due dalla loro costruzione, ancora inagibili perché il tecnico incaricato ha troppi cantieri da seguire, c’è infine l’happy L’Aquila, il tormentone del 6 aprile con una musichetta incoraggiante e gente che balla in giro per la città, davanti alla distruzione e dentro l’ospedale: ma che vita è.