16 Giu 14

Post sisma, il pericolo delle archistar

Rem Koolhaas il curatore della 14ma edizione della Biennale d’Architettura di Venezia, con il suo studio OMA, Office for Metropolitan Architecture, fondato a Londra nel 1975, indaga come l’economia di mercato abbia trasformato il ruolo dell’architetto in archistar, colui che usa la propria arte non più per crescere, stimolare ed emozionare quanto piuttosto per impressionare ed intimidire. Più le economie sono cresciute, più hanno avuto bisogno di musei mastodontici, la stessa riconversione delle fabbriche ha generato architetture pazzesche con cui spingersi sempre oltre, solo per sentirsene all’altezza. Per OMA l’architetto è oggi un uomo di potere, crea per il potere e del potere vive la crisi, anche per questo non sperimenta più, fa solo cose enormi, già viste, in contesti urbani in cui deve solo rendere l’idea del valore di mercato. Koolhaas pensa all’arte e all’architettura come bolle che esploderanno, anzi l’architettura sarebbe già esplosa negli ultimi quattro o cinque anni. Così come il mercato. Secondo questa visione s’è perso lo studio dei contesti, di quelli urbani, per cui ogni grattacielo, ogni opera pensata, ogni progetto di una qualunque archistar, non guarda più a ciò che c’è intorno ma solo all’affermazione personale. L’auditorium di Renzo Piano all’Aquila, al parco del Castello, per alcuni è stato proprio questo, un progetto donato per temporaneo, ma che in realtà ha fondamenta profonde in cemento dunque inamovibili, e collocate in un luogo centralissimo dove Piano ha voluto lasciare il proprio segno. Fosse stato proposto a piazza d’Armi, forse avrebbe rifiutato, anche il collega Shigeru Ban, ha donato l’auditorium al Conservatorio e lo avrebbe voluto ben più grande, mentre L’Aquila non sa ancora cosa vuole. Se fossero stati i più grandi architetti a ripensare la città da ricostruire, non avrebbe neanche detto loro di ripartire dalle macerie piuttosto che dal loro protagonismo, li avrebbe lasciati fare. Chi fosse interessato veramente alla storia di questa città, dovrebbe chiedersi cosa realizzare, dove e perché ma neanche il nuovo Piano regolatore avrà questa sensibilità perché nell’economia del mercato della ricostruzione c’è posto solo per strutture edili e fabbricati con cui fare soldi, ignorando quanto di bello e significativo potremmo ancora sostenere.