01 Mag 22

Primo maggio, due conti della serva

Un primo maggio con le promesse del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Perché faremo tante riforme, cambieremo di sana pianta un Paese, riformeremo la giustizia, abbatteremo i tempi di attesa della burocrazia, digitalizzeremo anche l’ultimo dei paesini delle zone interne, metteremo ovunque fotovoltaico, e poi tutto green, con le bici e le auto elettriche, le infrastrutture a mille, Pescara/Roma in meno di due ore con il raddoppio della tratta, per fare la quale dovremmo spazzare via almeno 66 case/edificati. Chi è dentro è dentro chi è fuori è fuori.

E nel 2026 i posti promessi saranno centinaia di migliaia, per allora avremo speso i 200 miliardi del Pnrr, questo è l’impegno, cambiato un Paese da così a così e a quel punto sarà un crescita esponenziale, niente più disoccupazione, tutti felici, una cura della salute sempre più vicina al cittadino, con la medicina territoriale che capillarmente avrà coperto le Regioni e una buona vita a tutti.

Intanto si continua a morire sul posto di lavoro e muoiono i giovanissimi, costretti a credere nella riforma che alterna la scuola con il lavoro, che si fidano di noi e vanno a morire per un domani più garantito.

La rivoluzione verde è sempre per pochi. Per quei pochi che possono anticipare gli incentivi e aspettare i rimborsi, che fa se arriveranno tra un anno due?; che intanto hanno già da anni il fotovoltaico e con l’energia che producono ricaricano le auto elettriche acquistate con altri incentivi, abbattendo nel contempo il costo delle bollette, continuando solo ad accrescere le proprie sostanze.

D’altra parte, tra una rivoluzione green e una digitale, una riforma e un cambio di passo nell’efficienza del Paese, arriva sempre il turno degli edili. Perché con gli edili si muove il mercato, con gli edili lavorano tutti, sono gli edili che reggono il sistema, senza gli edili non avremmo case ricostruite dopo i terremoti 2009/2016, non avremmo i corposi anticipi del 110% o del sismabonus e non avremmo la solita giostra per cui gli edili periodicamente piangono il morto, chiedendo di far girare la ruota, ma poi, come si dice, frecano ju vivo, perché se le parcelle dei professionisti sono sempre più d’oro e le imprese portano a casa il loro pane quotidiano, il mercato sempre là rimane. Resta fermo là per me, per te, per loro e per tutti quelli che non campano nel cerchio magico dell’edilizia e che non vedono, come promesso, la famosa ripartenza economica che fa mangiare tutti. E quindi la ricchezza, questa fetta di ricchezza, resta concentrata nelle mani di pochi.

Così all’Aquila, con la ricostruzione e due terremoti, ed ancora il 110% e poi le materie prime alle stelle con la pandemia, e neanche una fontanella, una, recuperata senza compenso, ma subito arriva pronta l’ordinanza che incrementa di oltre il 20% i contributi post sisma anche per i lavori in corso, e riparte la corsa al rialzo. Perdemmo malamente la battaglia che avrebbe dovuto porre un limite agli incarichi professionali all’indomani del 2009, e perdemmo la battaglia dell’allora Cgil, che cercò di capire se gli studi professionali con due assunti, potessero reggere gli 8mila e passa incarichi accaparrati. Non rompemmo quel cerchio magico e oggi ancora meno, aspettiamo in silenzio la ricostruzione privata con tutto il tempo che ci vorrà, senza sapere in quanti, hanno abbandonato il post sisma per il 110%.

E’ tutto un girin girello finito il quale torniamo al primo maggio, quello dei lavoratori, quello dei disoccupati, quello di chi non ha santi in paradiso, non ha un centesimo per anticipare l’incentivo per la bici elettrica e continua a girare con qualche bandone che inquina, ma di meglio non riesce a fare, perché quelle risorse promesse per migliorare anche la sua, di vita, arrivano a pochi e non sono per tutti.