21 Feb 17

Ci vorrebbe un bel po’ di cuore…

…Per L’Aquila e per il Paese, costretti alla finestra ad aspettare strategie, posizioni di potere, rendite e carriere, decise le quali torneranno a promettere lavoro, sanità e welfare. Un brutto incrocio, dove a livello nazionale si sezionano politiche e messaggi per prendersi una fettina di quella che chiamano sinistra o all’opposto destra, per contare quel poco che occorre per avere un posto da eletto. In Consiglio comunale, con chi si propone per la corsa a primo cittadino puntando solo ai mille euro da consigliere, come in nazionale. Ancor prima di ragionare sulle nuove emergenze che gridano dalle periferie e dai territori colpiti da catastrofi naturali e terremoti, ancor prima di capire se abbia senso parlare di sinistra per come la intendono loro, lontana anni luce dalle esigenze di chi vorrebbe ancora crederci, gli basta il ritornello dei bei tempi per fare ancora i progressisti. Ognuno dal suo ducato a lanciare rivoluzioni per dire sì, dopo ci mettiamo d’accordo, anzi no, con loro no e con gli altri sì, questo accade alle sinistre che nascono, così come accade dalle nostre parti, a parlare di strategie per capire come essere eletti senza sapere prima cosa si riuscirà a fare per una città. Senza ancora dire cosa si è fatto. Intanto gli accordi, un mare di veleni, lotte intestine all’ultimo colpo per poi ricomporre il puzzle utile a sfangare i prossimi cinque anni che diventeranno dieci. Che siano politiche o amministrative l’importante è sfangarla perché tanto una volta arrivati, a casa non andrà più nessuno. Rivoluzionari vecchi e nuovi, vecchi alfieri dell’opposizione perfettamente allineati alla ragion di Stato o del Comune e via, verso la strada che dovrà garantirgli ancora cinque anni. Si arriverà al punto di averne fatte un po’, di consiliature a palazzo di città, così come accade in Parlamento, decenni che daranno poco e niente alle città ma consolideranno gettoni e posizioni di riguardo per cui ci sarà sempre una base d’elettorato disposta a dare fiducia. L’elettorato s’è stufato, il 4 dicembre insegna, ma davvero in pochi l’hanno capito.