17 Giu 15

Centro storico, regole diverse per tutti

Dopo Piazza Nove Martiri, nel centro storico dell’Aquila, arriva la seconda proposta di demolizione e ricostruzione, stavolta a Piazza Santa Maria Paganica, per la quale serve un voto favorevole del Consiglio al permesso a costruire in deroga. Questo perché abbiamo un Prg del 1975 che prevede dentro le mura solo il restauro conservativo, per cui si può demolire e ricostruire solo uguale a  prima. L’amministrazione comunale non ha mai voluto modificare queste norme e così qualsiasi modifica, nella forma di un edificio, deve passare per il Consiglio. Fino a un certo punto però. Perché eventuali abusi precedenti o se il progetto esecutivo rispetterà le prescrizioni della commissione pareri, costituita dalla Sovrintendenza e dal Comune, non dovranno interessare i consiglieri. Almeno a giudicare dalle risposte appassionate che la dirigente incaricata Santoro, ha dato al consigliere Masciocco o al collega Properzi, per il quale senza un piano generale di riqualificazione del centro storico, un edificio abbattuto perché incongruo, cioè brutto, sarà di nuovo incongruo come prima, forse peggio, mentre la discrezionalità nelle deroghe, tra un privato e l’altro, esporrebbe l’ente a contenzioso. E il Consiglio comunale ha pochissima voce in capitolo, continuando a subire un processo di ricostruzione post sisma che ha cambiato approccio troppe volte. Né la Giunta Cialente, con l’assessore competente Di Stefano, piuttosto chiuso a condividere ogni scelta intermedia, favorisce una maggior conoscenza alla città delle cose che accadono. E mi ha colpito un passaggio, se passerà la demolizione dell’edificio a Santa Maria Paganica, sarà ricostruito, pur se non ha vincoli paesaggistici, sotto la stretta tutela dell’architetto Di Stefano della Sovrintendenza. Stessa fortuna non hanno avuto tutti gli scempi edilizi che rinascono invece come cavoli a merenda, senza alcun rispetto del centro medievale, sol perché la vecchia procedura di esame delle pratiche, mi ha spiegato la Santoro, non contemplava la necessità di alcun parere storico architettonico. Le pratiche in corso sono tante, troppe, staremo a vedere quanto deturperanno l’ambiente con i loro colori sgargianti e le fogge più improponibili senza che il pubblico, che pure finanzia questi scempi, possa dire altro. C’era forse bisogno di altre regole a monte che il Comune avrebbe dovuto imporre prima.


Nella foto la ricostruzione scempio di un palazzo in centro, presso San Domenico.