07 Mar 16

Non il silenzio, ma la città che muore…

Una chiacchierata col professor Colapietra è un bagno di realtà vera. Per lui il centro storico è solo oggetto di grandi interessi e non è considerato tanto perché di pregio, quanto perché vincolato, il che secondo lui, presuppone la complicità dei proprietari con lo zampino della Sovrintendenza. Sa che la città tornerebbe a vivere con persone e negozi, ma non sa con quale identità e se il commercio avrà clientela, dopo sette anni L’Aquila è cambiata irrimediabilmente ed è difficile farla rivivere. Nel sisma del 1703 il centro non fu abbandonato, fecero delle baracche sulle macerie e lì, nella piazza principale, si trasferirono tutti, lo storico narra di quell’episodio per cui un tizio venne da Chieti in città, per riscuotere un credito importante già dopo venti giorni dal sisma del 2 febbraio, rintracciò in piazza il notaio Capulli, che già dal settembre seguente tornò a casa sua in via Paganica, e riscosse i suoi soldi. Nel 1703 il centro storico fu completamente ricostruito e a memoria delle vittime, fu edificata la chiesa delle Anime Sante, non riusciremo a fare tanto. Anche per il professor Colapietra è tempo di un nuovo piano urbanistico e non è detto che uffici, banche ed enti debbano tornare in centro storico, che magari avrà negozi e trattorie, ma è urgente un nuovo assetto che al contrario, dopo sette anni, ancora non riusciamo ad avere. Vivendo comunque nella provvisorietà e alla giornata, come dice il professore. D’altro canto L’Aquila non era già una città, al 6 aprile 2009, osserva, Pettino s’era estesa ed esplosa urbanisticamente in maniera mostruosa, il quartiere più ambito, nonostante lì ci fosse una faglia importante. E lì stiamo ricostruendo anche dopo il 2009. E’ un mondo di speculazioni, d’interessi, è crollato tutto, non c’è più né dignità né civiltà per lo storico che insiste nel dire che gli aquilani dovevano arrangiarsi e non abbandonare il cuore antico e pulsante della loro vita, forse in quel caso le cose sarebbero andate diversamente. Fin dai primi giorni dal sisma del 6 aprile, il professor Colpaietra abitò la sua casa ed il centro da solo, decine di migliaia di persone erano state sgomberate, il silenzio non mi fa paura, dichiarò, mi fa paura la città che muore.