06 Apr 22

Fiore della Memoria, dolore e speranza

Da quella notte di tredici anni fa ci sentiamo parte di qualcosa di più grande, nel ricordo di una tragedia che ci ha   privati di troppe vite,   ma che ci ha consegnato la responsabilità dei loro sogni. E questa sera, dopo due anni, ci siamo ritrovati insieme, con le fiaccole tra le mani, di nuovo stretti in un abbraccio corale che si fa custode di una sofferenza che è parte  della  nostra vita, della nostra storia, della nostra identità. Un abbraccio corale che racchiude la speranza di una comunità che non sa cosa significa arrendersi. La sensazione più terribile per l’umanità è quella di aver perso la speranza. E questa sensazione la conosciamo bene noi aquilani, per averla provata nelle ore immediatamente successive al terremoto.

Il sindaco Biondi

Quei secondi interminabili di paura e di disperazione, quel boato che squarciava il buio della notte, le grida, i richiami  che si rincorrevano, i brandelli di stucchi e architravi, i cornicioni sulle macerie, la  polvere che saturava l’aria… L’Aquila,  alla  luce dell’alba, appariva  come un sudario di lutto e dolore. Pensiamo ora a quei secondi che – non per la natura che scuote la terra, ma per la volontà di alcuni uomini – si ripetono e ancora si ripetono, giorno dopo giorno, nel cuore dell’Europa, teatro di una ingiustificabile guerra di aggressione. Pensiamo a Bucha, cittadina alle porte di Kiev, terra violata e oltraggiata, dove sono stati perpetrati veri e propri crimini di guerra.

E, poi, pensiamo al nostro braciere, che è stato acceso nel Parco della Memoria da uno degli atleti della nazionale di ciclismo dell’Ucraina. È stata una sorta di passaggio del testimone, per dire che il loro dolore è il nostro e che li esortiamo a tenere viva la speranza, nonostante l’orrore della guerra, la disperazione e la comunità dispersa che, ne siamo convinti, si ritroverà più unita e forte di prima, nel nome di quel coraggio messo in campo a difesa della propria libertà, fonte e ispirazione di ogni democrazia. Tenere viva la speranza, anche per la piccola Zlata, la prima ucraina, nata   nei   giorni scorsi all’Aquila, all’ospedale San Salvatore. Viva come la fiamma del braciere che precede il rosario dei nomi dei 309 nostri concittadini, vittime di un destino ingiusto, che da tredici anni invochiamo come una preghiera. In autunno, le nostre colline sono un vero spettacolo per la fioritura del croco, conosciuto come il fiore dello zafferano.

Il suo bulbo viene amorevolmente coltivato e, poi, raccolto in quel ciclo di vita che si traduce in benessere. Abbiamo voluto esaltare, come amministrazione comunale – quasi in contrasto con la forza della natura distruttiva – questa accezione positiva del creato, questa energia vitale del croco, per realizzare il Fiore della Memoria, che rappresenta il dolore e la speranza. Cioè il ricordo delle vite spezzate dei nostri concittadini, di tutte le vittime dei disastri italiani (così come ha sempre voluto la cara e indimenticata Antonietta Centofanti) e, oggi,   anche  dei morti a causa della pandemia e dei troppi innocenti caduti in Ucraina. Un fiore che sul petto di ogni persona di buona volontà starà a significare il riscatto di una terra, di tutte le terre provate e ferite a morte, ma tenaci nella volontà di rinascita.

Una città non è il risultato di un assemblaggio di costruzioni e tanto meno lo è L’Aquila che in questi ultimi cinque anni ha ritrovato se stessa, è tornata ad essere viva, piena di tanti progetti e opportunità. Trecento ettari di città antica, uno dei più pregiati e vissuti centri storici d’Europa, fatto di straordinari pezzi unici come la fontana delle 99 cannelle e di un considerevole campionario di architetture minori medioevali, rinascimentali, barocche e neoclassiche: questa è la bellezza dell’Aquila, resa sacra dalle 309 vittime. Ascritta dagli urbanisti tra gli esempi più illustri del medioevo, la nostra è una città ricca di sapere plurisecolare, nata come un’opera d’arte, disegnata a tavolino prima ancora di venire al mondo. I popolani federatisi per fondarla ne vollero fare una mappa vivente, che restituisse su scala urbana la replica dei loro villaggi.

L’Aquila fu, dunque, una città-territorio, ma anche una  città-giardino  visto  che  ogni casa aveva accanto il proprio orto. E fu anche una città-città, essendo stati stabiliti gli spazi per il municipio, la cattedrale, gli opifici, le botteghe e tutto quanto necessitava ad una comunità unificata. L’apologo   dei   padri   fondatori   dell’Aquila, cristallizzato nella incorruttibile forma data alla città, ci racconta che il passato non è un tesoro da contemplare nostalgicamente, ma un insegnamento per il   presente, affinché si sia pronti in ogni momento a inventare il futuro. Il dolore delle vittime è parte della nostra identità e lo affrontiamo giorno dopo giorno in nome della vita e nel segno della rinascita.

In questa giornata, che sta per iniziare, dedicata al ricordo, il nostro auspicio è che il Fiore della Memoria possa toccare i cuori dei potenti del mondo, diventando anche un simbolo di pace e di progresso per tutti.

 

*Pierluigi Biondi
sindaco dell’Aquila
Chiesa delle Anime Sante notte del 6 aprile ’22