14 Ott 16

Dylan e Fo, i due eretici

Difficile dire qualcosa di buono sul Nobel a Dylan o su Fo che non c’è più. Tutti a correre sui social per commentare la notizia, per accodarsi e dire chi lo ha conosciuto e quando, chi s’affila per chiamarlo menestrello l’uno e giullare l’altro, altri a dire che un Nobel è un Nobel e non andava certo dato a Dylan o a Fo. Stamattina Giorgio Zanchini li ha definiti due eretici, spero solo di non vedere Dylan fatto a pezzi con suonerie per cellulare, raccolte vendute a chiunque, arriva pure Natale, poesie bellissime che diventano tormentoni nei centri commerciali. Questo, proprio no. Sentivo De Gregori che si vantava di averlo tradotto, io al posto suo non avrei detto una parola tanto lo ha maltrattato, un po’ come quando Vasco Rossi, che stimo, ci ha provato malamente con i Radiohead una cosa penosa che non fa onore alla sua carriera. E tutti ad accostarli, Fo e Dylan, per un Nobel che va, un Nobel che viene e guarda caso nello stesso giorno. Brutti tempi, tempi da social, tutti sanno tutto e commentano, commentano e commentano, Umberto Eco aveva visto bene, i social avrebbero dato la parola a chi non l’avrebbe mai avuta neanche al bar. Ed è talmente lontana questa realtà massificata, da quella di Fo e di Dylan, abbrutita e amalgamata nel pensiero unico dei social, tanto che se la pensi diversamente il veleno che corre contro ti mangia l’epidermide, che dovrebbe andare da sé, il comprendere le ragioni dei Nobel. Perché loro due, gli eretici, hanno provato a cambiare le cose, nel conservatorismo italiano l’uno, a difendere i ribelli e a sostenerli economicamente nelle loro cause, con la beat generation l’altro, quando quel linguaggio lirico e musicale, rivoluzionò gli States. Sì, entrambi hanno rivoluzionato la loro epoca. Piaccia non piaccia hanno fatto la storia. Tornando a noi, al nostro tempo, sarà difficile trovarne di simili, visto che la ribellione non esplode più nemmeno dentro le famiglie, dove padri e madri cinquanta o sessantenni sono più creature di quei figli che non vedono nulla da abbattere, e quei nuovi linguaggi che emergono, rompono gli argini per una stagione. Ne abbiamo a miliardi, durano troppo poco, e figurarsi un Baricco, lo scrittore, che può pensare di fare o rivendicare.