13 Feb 15

Trasparenza, veniamo dopo il Ruanda

L’Italia perde 24 posti e precipita al 73esimo della classifica della libertà di stampa di Reporter senza Frontiere, dopo un anno difficile per i giornalisti, per cui le minacce da parte della mafia e le cause per diffamazione ingiustificate sono aumentate. L’Espresso, presentando l’uscita in questi giorni del libro Meglio se taci di Alessandro Gilioli e Guido Scorza, parla della trasparenza che porta invece l’Italia al 49esimo, dopo il Ruanda, ed anzi la 241 del 1990, la legge che avrebbe dovuto rivoluzionare e garantire il libero accesso agli atti pubblici, non lo consente, se tende ad un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni, quindi se vuoi sapere cosa decidono dentro un ufficio pubblico è impossibile. E’ evidentemente il segreto, scrive il settimanale, la miglior arma della peggior politica, anche perché possono scegliere quali atti non rendere pubblici e farli rimanere segreti. All’Aquila dopo il terremoto ogni scelta della Protezione civile, ogni più piccola spesa gestita da Guido Bertolaso è rimasta segreta e ancor oggi lo è, quel sistema militarizzato che ha prodotto scempi e corruzione non è stato scalfito in nessun modo, la stessa amministrazione civica del capoluogo, col ritorno alla gestione ordinaria del post sisma del 2009, ha mantenuto lo stesso andazzo. Non ha mai reso pubblici i dettagli dell’assistenza alla popolazione, i movimenti nell’assegnazione degli alloggi, e le pratiche per le abitazioni equivalenti che hanno portato a dei veri scandali, come il caso della cognata del Sindaco Cialente, alla quale l’Avvocatura comunale rispose che il riacquisto di un’abitazione non era certo un Bingo, ma un’opportunità concessa dalla norma. L’esistenza di un Freedom of Information Act necessario per il resto del mondo, non lo è per l’Italia, il libero accesso all’informazione della pubblica amministrazione, sarebbe un modo per combattere mazzette e corruzione, spiega l’ong Transparency International, che in Italia costa 60miliardi di euro. Un bel giro di affari da mantenere e che impedisce una legislazione vera nel settore, L’Aquila che col post sisma macina miliardi la dovrebbe chiedere a gran voce, ma sta bene come sta.