L’Aquila ricostruisce senza conoscere ancora il sottosuolo. Sabbia, acqua, cavità e gallerie sotterranee nel centro storico del capoluogo e delle frazioni, perché prima si scavava sottoterra, a causa del freddo, per fare la rena o per fare dispense, si è costruito anche sopra queste cavità, ed oggi reggono per un pelo e chi sa quanto ancora resisteranno sotto il peso dei mezzi pesanti. Quintuplicati nell’andirivieni della ricostruzione. Uno studio serio per conoscere il sottosuolo fu consigliato fin dal 2010 dalla Protezione civile, ma non è ancora realtà. La Giunta Cialente scrive che da oggi sappiamo cosa c’è sotto le frazioni di Sassa e di Preturo, mancano ancora troppe zone dell’aquilano e del cratere, non ne conosciamo i sottosuoli ma ricostruiamo senza timori. Come a Pettino, sulla faglia. Nel 1975 quando fu fatto il Piano regolatore i geologi sconsigliarono di rendere edificabili quelle zone, non ci riuscirono, gli interessi erano più forti, su quella faglia è sorto il quartiere più popoloso ed ambito dell’Aquila, ed oggi è tutto come prima, si costruisce come prima, peggio di prima. La Protezione civile, quattro anni fa documentò con 150 ricercatori e tecnici di dieci università italiane, otto istituti di ricerca, l’ordine dei geologi d’Abruzzo e quattro regioni (Abruzzo, Emilia Romagna, Lazio e Toscana) il pericolo di futuri insediamenti in zone a rischio amplificazione sismica e consigliò di conoscere il sottosuolo prima di ricostruire e fare qualsiasi pianificazione urbanistica. Niente di più inascoltato, anche la recente normazione delle aree bianche non ha messo divieti edificatori, il problema è del sistema Paese e della politica che lo regge indifferente alla prevenzione e alla sicurezza, la mappatura geologica dello stivale risale agli anni settanta, in alcuni territori come la Sicilia anche alla fine dell’800. L’Aquila avrebbe potuto dare un esempio di civiltà, ma non ci è riuscita. Il rapporto del servizio geologico d’Italia, sulle conseguenze economiche e sociali dei disastri ambientali non è aggiornato dal 1992, l’impatto dei disastri ambientali fu quantificato in una vittima ogni due giorni e 8milioni di euro di spesa al giorno. L’Abruzzo ha avuto 309 vittime e una spesa di miliardi di euro ancora in corsa, ma neanche la tragedia del 6 aprile ha potuto di più. (La cavità nella foto, si trova a Roio. Su quella cavità ci passa una strada).