Architetture resistenti. Per una bellezza civile e democratica è un libro a fumetti uscito qualche anno fa, ma evidentemente sfuggito al dibattito cittadino, curato da Raul Pantaleo e Luca Molinari con i disegni di Marta Gerardi, per Becco Giallo, 2013, 128 pagine.
Architetture come impegno civico per le comunità, niente spazio alle archistar, alla moda, al cool ma solo la giovane giornalista Beni Ponti che gira l’Italia, e racconta di costruzioni utili, accoglienti, capaci di interpretare lo spirito di rinascita di una civitas e non poteva certo mancare l’Auditorium del Parco di Renzo Piano, con i suoi listelli di legno della Val di Fiemme, gli stessi usati per i violini Stradivari, dopo il terremoto ricucitura verso la normalità. Pubblicati anche gli schizzi, dove l’edificio diventa cassa di risonanza di uno strumento musicale, perché all’Aquila la musica è parte integrante della nostra identità. Idealmente l’Auditorium avrebbe dovuto sostituire l’Auditorium del Castello fino al suo restauro e ricongiungere il Forte cinquecentesco, sempre un po’ isolato rispetto alla vita sociale e culturale ante sisma, alle nuove esistenze da ripensare nella città nuova, che avrebbe ricominciato a vivere, dopo quella terribile notte, dalla Fontana Luminosa/via Garibaldi e poi i corsi principali. E in effetti l’intuizione di Renzo Piano è diventata realtà perché la città proprio da lì è ripartita, trasferendo i luoghi della movida da piazza San Biagio/via Sassa, ante sisma, a via Garibladi/piazza Chiarino post sisma.
Beni Ponti racconta l’Italia attraverso le architetture resistenti, per ragionare infine sugli urbanismi dissennati degli ultimi decenni che hanno partorito solo brutture, speculazioni e un’edilizia mai recuperata/recuperabile.
Come del resto è accaduto anche nel post sisma 2009 dove il recupero dello spazio pubblico, la riqualificazione delle piazze, il diradamento dei cementi ed una maggior qualità/sostenibilità degli abitati sono stati neanche bei propositi, sono stati sogni di pochissimi, digeriti e trangugiati malamente da chi ci ha amministrato come fosse uno scappato di casa qualunque. E infatti, la qualità?, del nostro abitato miliardario, a 12 anni dal sisma, è sotto gli occhi di tutti.
Le architetture resistenti sono quelle che hanno avuto la capacità di costruire un pensiero e spazi contemporanei senza rinunciare all’ascolto amoroso dei luoghi. Sono state pensate oltre l’edonismo del gesto o il solipsismo autoriale, non solo come opere che lasciano indifferenti, recensiva Domusweb all’uscita del libro. Sono beni comuni, come l’acqua e la terra, aiutano a vivere meglio il quotidiano, oggetti che racchiudono un’utopia, oggetti sognatori capaci di parlare di futuro. Sono architetture che hanno voglia di resistere alla speculazione, all’economia selvaggia, all’ingiustizia, alla devastazione dell’ambiente, all’incultura, alla barbarie.
Il fumetto narra poi di Pietro Porcinai (Firenze 1910-1986), consulente per la sistemazione esterna del Centre Pompidou a Parigi e per il Parco di Pinocchio a Collodi, che ha progettato il Parco Archeologico di Selinunte. Ed ancora del progetto architettonico della Risiera di San Sabba a Trieste, di Romano Boico, per rendere omaggio a uno dei più riusciti fumetti sull’olocausto, Maus di Art Spiegelman. Quindi lo stabilimento Olivetti di Luigi Cosenza a Pozzuoli (1951-1954) ed altro ancora.
130 pagine su carta riciclata per mettere in discussione la figura dell’architetto, la sua responsabilità socio-politica ed un finale da scrivere con Peppino Impastato, giornalista siciliano ucciso dalla mafia nel 1978, se s’insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità (…) È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non s’insinui più l’abitudine e la rassegnazione, ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore.
Curiosità e stupore seppelliti chi sa dove nel dibattito mai nato all’indomani del 2009, restano solo abitudine e rassegnazione, ed anzi, dibattiti animati fuori le mura sono sfuggiti come fantasmi.