A quasi 6miliardi di euro erogati dallo Stato per la ricostruzione privata dell’Aquila, passare per via Sallustio significa fare il punto degli ultimi 13 anni della nostra storia. Ancora tutta da rifare, basti superare Fontesecco per capire. Tutto peggio di prima, tutto ancora da fare e sarà rifatto esattamente come prima. Col mantra disastroso di chi, allora, decise senza se e senza ma, il com’era e dov’era per il centro storico da riqualificare all’indomani del sisma del 6 aprile 2009. E no, non ci si può rassegnare.
L’allora capo della Struttura tecnica di Missione, architetto Gaetano Fontana, era stato incaricato di seguire la parte tecnica per conto dello Stato, disse che il centro storico doveva invece essere riqualificato, recuperando il paesaggio urbano alla qualità architettonica che caratterizzava l’antico nucleo medievale.
E ora facciamoci pure una passeggiata nel nostro amatissimo cuore cittadino, pensando a quanto lo Stato avrebbe voluto per noi, rivendicammo a ragione il sacrosanto diritto alla scelta delle imprese e all’autodeterminazione nel ricostruire la propria città: ma quanto ci è costato decidere soli e arroccati negli uffici di via Strinella alta? Senza condividere nulla neanche con la cittadinanza?
Per Gaetano Fontana dovevamo agire nel centro storico, piuttosto che nelle periferie edificate malamente e schiacciate dalle speculazioni degli anni cinquanta, dunque difficili da riqualificare, questa era la sua teoria ma era opposta a quella dell’allora assessorato, che invece decise in solitudine e senza adeguata preparazione, di intraprendere la strada opposta. Il centro storico com’era e dov’era e le periferie da riallacciare alle mura con progetti di recupero, tutt’altro che brevi, come quello per la Banca d’Italia, per dirne uno, che tuttavia non ha più trovato l’accordo, è abbandonato alle erbacce e non sarebbe stato niente di che, con palazzine in cemento, una piazza e qualche panchina, per quale futura vitalità e abitabilità resta solo nell’immaginazione di chi, allora, aveva le mazze in mano per decidere.
E non sapremo mai quale tipo di ricucitura generale avremmo ottenuto, perché la realtà, a 13 anni dal sisma, è un’immensa macchia di leopardo di cantieri cangianti, dove risulta impossibile trovare una ratio.
Via Sallustio resterà il fallimento più tangibile del ‘modello L’Aquila’ per la ricostruzione post sisma 2009. L’Itc Cnr fece uno studio sugli edifici incongrui interni all’asse centrale, nei quarti e proprio su via Sallustio che avrebbe potuto rappresentare un vero caso di riqualificazione urbana, ma il disegno non c’è stato perché non lo voleva nessuno. Non c’è nessun filo, è una ricostruzione miliardaria impattante e solo a tratti di qualità.