Next Generation Eu, noto come Recovery Fund è il piano europeo per la ripresa post pandemia. 196 miliardi a disposizione per l’Italia, che con altri programmi Ue sfiorano i 209 mld, di cui 74,3 miliardi al green; digitalizzazione e cultura (48,7 miliardi), poi le infrastrutture (27,7 miliardi), istruzione e ricerca (19,2 miliardi), parità di genere (17,1 miliardi), e salute a cui andranno 9 miliardi.
196 mld che avremo in parte a fondo perduto e in parte come prestiti agevolati e che riceveremo in base alla nostra capacità di spesa. Dovremo impegnarli entro il 2023 e spenderli entro il 2026 e comunque presentare i progetti e un piano a Bruxelles entro il prossimo aprile, ma prima si farà e meglio sarà, così da avere tempo per aprire un confronto. Prenderemo le risorse mano a mano che raggiungeremo gli obiettivi, fatto salvo un anticipo del 13%, al momento dell’approvazione, pari a circa 26 miliardi di euro.
L’Europa controllerà la spesa, perché per la prima volta nella storia è il bilancio europeo ad indebitarsi, ha obbligato la svolta green (37% dei fondi) e la digitalizzazione (20%), oltre che riforme ancora da fare tra sistema pensionistico, fiscalità più equa e sburocratizzazione, mentre è in atto il confronto politico sul come spendere questi miliardi, con buona parte della maggioranza che preme sul Governo per utilizzare anche il Mes, Meccanismo europeo di stabilità/Fondo salva Stati, per investire sulla nostra sanità, ma il M5S non è d’accordo, tiene la linea, la vecchia linea secondo cui in caso di non solvibilità del Paese, rischieremmo un duro commissariamento. E anche intorno a questo si cerca l’accordo.
Più o meno sarebbero 75.2 mld a fondo perduto e 120.8 mld in prestiti agevolati. E’ questo l’equilibrio suddiviso, ad oggi, in oltre 50 progettualità su cui la politica deve mettersi d’accordo.
Dopodiché i Parlamenti nazionali dovranno ratificare la decisione di introdurre risorse proprie nel prossimo bilancio Ue e siccome l’Italia non può continuare ad alimentare la voragine del debito pubblico che ha sulle spalle, punterebbe, come altri Paesi, su progetti già in programma e subito cantierabili per facilitare la spesa.
I piani nazionali saranno esaminati dalla Commissione Ue, avrà due mesi di tempo, e approvati dal Consiglio europeo entro quattro settimane. Anche per il monitoraggio della spesa, la Commissione dovrà tener conto del parere del Consiglio, che arriverà in un secondo momento.
Il Consiglio si esprimerà a maggioranza qualificata ma in ogni momento un Paese potrà attivare il ‘freno d’emergenza’, voluto dall’Olanda, che bloccherà per tre mesi l’erogazione dei fondi e potrà chiedere che la questione finisca sul tavolo dei leader Ue, una specie di blocco in caso di incertezza.
Next generation Eu/Recovery fund ha anche la disponibilità di altri fondi europei, per noi arabo, perché per quanto la Regione Abruzzo si stia attivando tra riforme, infrastrutture e svolta green, il cittadino ne sa poco e niente.
Diciamo che considerando anche queste ulteriori fonti di finanziamento, a grandi linee raggiungeremo il totale di circa 209 mld, dal 2021 al 2026, suddiviso in tranche, per cui sommando il dispositivo di Ripresa e Resilienza, RRF, cioè il fondo perduto più il prestito agevolato, al React Ue, aggiungendo lo Sviluppo rurale ed il Just transistion fund con altri programmi minori, dovremmo avere nel 2021 circa 24.9mld; nel 2022/34.9 mld; nel 2023/44.7mld; nel 2024/40.7mld; nel 2025/33.8mld; e nel 2026/29.6 mld; per un totale di 208.6 mld circa.
Da capire ora, come le Regioni contribuiranno, con quali progetti e in quale quota parte riceveranno le risorse, perché poi la discussione nei territori di fatto ancora non inizia, mentre il rischio è dei soliti bonus e finanziamenti a pioggia che non ci porteranno da nessuna parte.