08 Mar 17

Una mattina dell’8 marzo del 2017

Stamattina alla radio, al giornale radio, all’apertura del giornale radio della mattina Aretha Franklin urlava freedom, con la sua Think del film The Blues Brothers. La vedevo mentre usciva dalla cucina e si lanciava con le colleghe in una danza urlando in ciabatte la propria libertà. Mentre i brothers dal bancone la guardavano, anche il marito la guardava, pronto a fare i bagagli per seguire la band ricostituita e infatti alla fine si toglie il grembiule e la molla in cucina scegliendo i musicisti. La radiosveglia me la sarei mangiata dalla rabbia e ne avrei tranquillamente digerito ogni pezzo, tanto quella canzone mi è sembrata allucinante, in un otto marzo qualsiasi, per una libertà che poi alla fine sgraffigna il marito che preferisce la band. Da domani non inizierà nessuna lotta battente per la stessa retribuzione tra generi a parità d’incarico, non faremo i conti con i ginecologi obiettori di coscienza che resteranno al loro posto, e non ci importerà quanti in più dei laici, cambieremo l’acqua alle mimose, non faremo i conti con la solita diffidenza tra donne e torneremo ad osservarle, alcune, mentre metteranno sul mercato i loro lombi, al venerdì sera, in cerca di maschi. Non la chiamerò libertà. Una conoscente mi diceva al volo l’altra sera che non si batte un chiodo, si è da poco separata, non gli ho neanche risposto, d’altra parte piccole rivoluzioni cominciano a consumarsi nelle nostre famiglie, senza andare per forza tra i Masai a raccontare per forza di un capo Masai che si è detto sensibile alle mutilazioni genitali femminili, orgoglioso di garantire il diritto allo studio alle proprie donne. Piccole ma belle rivoluzioni che vedono le nostre mamme, anche la mia, alla loro bella età, stanche della cucina, di rimettere i calzini appaiati esattamente dove sa di trovarli il marito anche l’8 marzo, di piegare mutande e canottiere, lo faranno sempre, non vorrebbero farlo più e non si sentono certo meglio se oggi qualcuno avrà incrociato le braccia anche per loro, perché sanno della necessità di riappaiare i calzini ai loro uomini, geneticamente incapaci di capire che il verde va col verde, il rosso col rosso, i pallini coi pallini e che in quel cassetto possono tranquillamente rimettere la loro roba intima sicuri di trovarla esattamente dove l’hanno posta. Per dire che intanto, partirei da qui.