02 Feb 16

Internet delle cose e i nuovi lavori

Quando la politica aquilana parla di città intelligente, mobilità sostenibile e smart city bisognerebbe interpretare quel pensiero. Stiamo rifacendo i sottoservizi nel cuore della città terremotata senza sapere se non avremo più, fili elettrici volanti, figurarsi il solo immaginare di poter gestire la filiera del riciclo dei rifiuti nei tunnel intelligenti, così da eliminare nei centri storici il transito di camion e camioncini con l’immondizia. Questa opportunità non è detto la riusciremo a cogliere, perdere questo treno significa dimostrare un’incapacità congenita alla pubblica amministrazione. E la nota della Spee aquilana di Luciano Ardingo, azienda tra le leader italiane per la sicurezza, la dice lunga. Parla un linguaggio che la città non comprende e la politica non glielo traduce. Non comprende come mai una società che lavora con l’innovazione, la ricerca e il digitale denunci l’arretratezza dei nuclei industriali che non hanno banda larga e metano, e non capisce perché lancia l’idea di alleanze tra gli attori e nuove interlocuzioni con il pubblico, capaci di cogliere le nuove opportunità del mercato per cambiare il cratere, portare lavoro, modificare l’approccio all’industria e generare una crescita sicura. Quella che la quarta rivoluzione industriale che stiamo vivendo, individua nella rivoluzione delle cose, per cui presto qualsiasi oggetto potrà acquisire un ruolo e se inserito in una rete con altre informazioni, decidere anche per le persone. Non so quanto questo sia un bene, ma nell’era digitale è un nuovo mercato che porterà 15mila miliardi di dollari entro il 2020, perché il 99.4% delle cose e degli oggetti non è ancora connesso. Sono studi dell’Università di Boston e di Oxford, che ci dicono che nei prossimi anni la metà degli attuali posti di lavoro andrà perduta. Secondo Ardingo conoscenze digitali e capacità creative potrebbero cambiare la rotta per creare nuova ricchezza, solo se cambiassimo approccio. Non credo siamo pronti, la città non risponde e la politica non risponde, essere smart significa soprattutto migliorare il quotidiano di tutti, ma è un concetto lontano dalle nostre realtà.