07 Dic 15

Il consumo di suolo zero all’Aquila

Non so se il disegno di legge sullo stop al consumo di suolo vedrà mai la luce. Snaturato dopo due anni di abbandono, la proposta rischia di essere svilita dall’urbanistica e dall’edilizia che naturalmente non ci stanno a non costruire più. Difficile essere in linea con gli obiettivi europei, che puntano al consumo di suolo zero entro il 2050, e ancora peggio vanno le cose all’Aquila con la ricostruzione. Secondo dati Ispra, l’Italia continua a perdere sei o sette metri quadrati al secondo, l’intero territorio ne subisce le conseguenze dalla perdita di aree agricole al dissesto idrogeologico, è tutto drammaticamente collegato. Col Progetto case, il capoluogo d’Abruzzo ha 19 nuovi quartieri costruiti su 160 ettari di suolo agricolo, 185 piastre per 4.500 appartamenti e 15mila persone. Un territorio disperso ma si continuerà a costruire. E’ in discussione da settimane il nuovo Piano regolatore che invece di far proprie le dinamiche in atto a Roma, quella stessa parte politica, il Pd, rappresentata all’Aquila da Cialente e Di Stefano, fa orecchie da mercante. Avevano promesso fin dal 2007, quando s’insediò il sindaco la prima volta, un nuovo Piano regolatore a consumo territorio zero. Quello del 1975 era stato congegnato per 130mila abitanti, ne saremo meno di 70mila dopo il sisma, e secondo l’Ocse avremo alloggi per 50mila abitanti in più, abbiamo centinaia di casette temporanee ma solo poche migliaia sono censite, il resto è abusivo, mentre edificheranno il 35% delle aree bianche, 645 ettari netti, la cui normazione va in queste ore verso l’approvazione definitiva del Consiglio comunale. Ed hanno intenzione di costruire ancora, perché sulla carta si può fare, per altri 12mila 957 abitanti. Il territorio comunale si estende lungo l’asse ovest est per più di 20 chilometri, come il diametro del raccordo anulare di Roma o circa la metà delle diagonali urbane massime di Parigi e Berlino. Dati allucinanti, mentre in piccole stanzette preparano il nuovo Piano regolatore. I gruppi di lavoro politici di maggioranza ed opposizione sono spariti, nessuna ricognizione di edifici e capannoni esistenti ed abbandonati da recuperare, nessun divieto a riedificare sulla faglia o zone a rischio dissesto, nessun segnale per cambiare le cose.