06 Mar 14

Spazi vivibili nella città terremotata

Le massime autorità rassicurano sul fatto che L’Aquila è la stessa di una volta, tutta questa delinquenza, questo degrado, ruberie e furtarelli, non sono lievitati come la gente crede. Le forze dell’ordine che vivono il territorio, lamentano al contrario la carenza di personale, a vigilare su un territorio talmente scompaginato, da non riconoscerne neanche più limiti e confini. La stessa Corte dei conti, all’apertura dell’anno giudiziario qualche giorno fa, ha detto chiaramente che L’Aquila è una città a rischio infiltrazioni, nessun tipo di malavita organizzata in particolare, più o meno tutte, possono attecchire. La città è cambiata ed ogni cittadino lo vive quotidianamente sulla propria pelle, dalla vivibilità del traffico, con tempi di percorrenza assurdi, per una città di provincia com’è il capoluogo di Regione, agli spazi dove vivere, ridotti solo ai centri commerciali, dove se l’adulto può andarci per necessità storcendo il muso, l’adolescente ci crescerà. L’Aquila di una volta sarà solo un ricordo, e gli adolescenti di oggi, non avranno nessun tipo di bellezza ad accompagnarli verso l’età adulta; non ci sono più campi sportivi, del Palazzetto se ne sa poco e così degli Stadi, mancano aree verdi curate dove passeggiare o correre, la stessa Madonna Fore, la classica passeggiata aquilana, chiude su certi sentieri perché ancora giacciono come ostacoli, i tronchi dell’incendio dell’estate del 2007, che nessuno sgombra per un ripristino adeguato. Gli unici luoghi di aggregazione sono i locali, pub e bar, sperduti tra nuclei industriali, tra le macerie, su strade a scorrimento veloce o peggio su quel viale della Croce Rossa, dove all’indomani del sisma pareva un’ottima ricollocazione, tanto tutto era distrutto, ma dopo cinque anni la certezza è che rimarranno lì per decenni. Le zone industriali sono ormai sede di commercio, biblioteche, tribunali, archivio di Stato e bar e sui centri storici, non sentiamo ancora la volontà politica di stabilire delle regole, da concordare con le associazioni di categoria, per tentare di ripopolarli senza però prendere per la gola chi è disposto a pagare un fitto, senza essere strozzato. Progetto case e Map, è ormai un mondo a sé sempre più lontano dall’integrazione, è già un patrimonio in disfacimento, di cui resterà al territorio un costo mirabolante, mentre gli alloggi potrebbero essere presto destinati all’emergenza sociale. In questi anni di post sisma abbiamo speso 12miliardi di euro, ed ancora un miliardo, un miliardo e mezzo l’anno, è la necessità stimata per i prossimi dieci anni, decine di miliardi letteralmente inghiottiti, senza poter dire di essere a buon punto.