10 Ott 14

Genova alluvionata, L’Aquila dimentica

A Genova, l’incubo di una nuova alluvione. Parecchie attività hanno perso tutto, ancora una volta in ginocchio e con la rabbia di non aver ricevuto l’allerta meteo in tempo. Polemiche tipicamente italiane, in un Paese che non spende un centesimo nella cultura della prevenzione, che continua a costruire abusivamente, per poi sanare senza alcun problema, un Paese mai pronto con piani veri di Protezione civile ma capace di spendere miliardi per cinquant’anni, per assistere le popolazioni terremotate, alluvionate, colpite da calamità e che hanno perso tutto. Come all’Aquila, che oggi inizia la battaglia dell’Appello nel secondo grado di giudizio alla Commissione Grandi Rischi, condannata in primo grado a sei anni, perché  il 30 marzo del 2009 rassicurò, per volere dell’allora capo della Protezione civile Bertolaso, sul fatto che gli aquilani non avrebbero dovuto temere alcun disastro. Non dissero i terremoti non si possono prevedere, e non è questo un processo alla scienza, come in troppi vorrebbero interpretare, è un processo alla superficialità nell’impostare mediaticamente una crisi. Come diramare una notizia e come confezionarla alla gente senza porsi neanche il problema, che se poi dovesse arrivare una botta distruttiva, le vittime potrebbero essere decine di migliaia. Vedremo come andrà a finire, ma è un Paese che impara poco. L’Aquila ha imparato poco, e diffonde ancora peggio la cultura della prevenzione. Il sindaco Cialente non ha inviato una parola di solidarietà alle popolazioni che in queste ore piangono, per aver perso tutto e chi sa se riusciranno a prendere quegli indennizzi che ai terremotati d’Abruzzo sono stati concessi dietro semplice autocertificazione, in base alla quale, tutti hanno chiesto dai 10mila euro, il massimo concesso, in su, e a cinque anni dal terribile sisma la Procura comincia ad indagare sui numerosi esposti per falso e truffa. Come migliaia sono le casette temporanee nate anche abusivamente per fronteggiare l’iniziale emergenza abitativa e che di sicuro avranno una sanatoria, non importa se sono state fatte sul fiume Aterno o in una zona a rischio idrogeologico. L’Aquila ha dimenticato in fretta, non sarà l’esempio italiano di una nuova cultura della prevenzione.