Io non so chi e perché abbia tradotto city block con isolato ma a giudicare dai risultati è stato decisamente profetico. Ha condensato in una sola parola una realtà che oggi appare persino scontata ma che fino a pochi anni fa sarebbe stata considerata poco più che una fantasia perché a ben guardare, gli isolati erano agglomerati urbani tutt’altro che privi di relazioni ma anzi, affatto isolati, essi brulicavano di vita, di rapporti, di commerci e scambi materiali ed immateriali, di storie e di storia. Oggi la realtà è completamente diversa, le relazioni sono sempre più effimere o rarefatte e quei torrenti in piena di vita sono quasi tutti e quasi sempre in secca, senza che nessuno se ne preoccupi davvero. Questo c’entra eccome con le prossime elezioni regionali e non solo perché mezza amministrazione comunale si è candidata al ben più prestigioso e remunerato scranno ma anche perché è l’ente regionale a pilotare i fondi per il rilancio socio economico del nostro territorio.
Ad oggi se ci sono delle cose in centro o in periferia o nelle frazioni che vagamente assomigliano alla vita, è solo grazie alla lungimiranza architettonica dei nostri avi e alle maestranze che stanno ritirando su la città.
Eppure chi fa politica dovrebbe essere il primo a rendersi conto della situazione perché una volta la politica batteva il territorio tacchi e suola.
Io stesso l’ho imparato sulla mia pelle durante le prime campagne elettorali a cui ho partecipato quando, volantini alla mano e nello zaino, consumavo le scarpe in vicoli e scorci di città mai visti, in frazioni mai sentite e problematiche che ignoravo fino all’istante precedente.
Ma voi, nei vostri ‘isolati’, li vedete mai i politici oggi?
Dove sono?
Figuriamoci, nemmeno i testimoni di Geova si vedono più. La politica sembra una cosa sempre più misteriosa, di cui tutti parlano ma che nessuno vede e i cui risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Qui dove abito io, ad esempio, se n’è visto solo uno per promettere una cosa che nessuno aveva chiesto e che sapeva di non poter fare e il cui unico risultato è stato bloccare quello che tutti chiedevamo e che si poteva fare.
Ma dico, perché non vi fate una passeggiata ogni tanto?
Non sarebbe tutto più facile? Per queste elezioni mi piacerebbe regalargli un contapassi, un’invenzione tanto futile quanto geniale.
Dobbiamo la sua invenzione a un imprenditore giapponese diventato famoso più che altro per essersi inventato una storiella priva di fondamento per vendere meglio il suo prodotto, ovvero che ognuno dovesse fare almeno 10mila passi al giorno per rimanere in salute. Io ho scoperto non solo che diecimila passi li faccio praticamente tutti i giorni ma che potrei farne anche 14/15mila senza incontrare anima viva, senza imbattermi in un negozio di vicinato o in un locale che non sia un abbeveratoio per gli animali.
Ho scoperto camminando che in dieci anni la politica tanto si è riempita la bocca di parole come identità, coesione, sociale, aquilanità che alla fine intorno a ognuno di noi non c’è rimasto nessuno.
Identità non è pensarla tutti allo stesso modo, chiusi dentro casa o sul proprio gruppo social, è trovare il modo per condividere lo stesso luogo con quelli che ci capitano vicini e di questo dovrebbe occuparsi anche la Regione, per questo scopo andrebbero usati i fondi per la ricostruzione sociale non per ingraziarsi qualche professionista o per assecondare qualche grande azienda.
*di Alessio Ludovici