Lo zafferano al centro di una ricerca per valutare i suoi effetti benefici sul trattamento delle malattie infiammatorie. L’iniziativa è stata voluta dall’Università d’Annunzio di Chieti in collaborazione con l’amministrazione comunale di Navelli.
Il nuovo progetto, scrive in una nota il sindaco Paolo Federico, prevede la lavorazione a scopi terapeutici dei petali dello zafferano che in questo modo potranno essere utilizzati dall’industria farmaceutica e non essere più considerati degli scarti. L’iniziativa voluta da un gruppo di esperti promette di dare nuovo impulso alla produzione del prezioso zafferano di Navelli.
A curare la parte scientifica saranno Lorenza Speranza, docente di Biologia Applicata e Specialista in Scienze dell’alimentazione del Dipartimento di Medicina e Scienze dell’Invecchiamento dell’Università Gabriele D’Annunzio di Chieti e del suo gruppo con Sara Franceschelli e Federica De Cecco, quest’ultima dottoranda finanziata dal progetto nell’ambito di fondi europei. Crediamo, aggiunge il presidente del Consorzio di Tutela delle Zafferano dell’Aquila DOP, Massimiliano D’Innocenzo, che le caratteristiche del nostro prodotto siano, per alcuni versi, tutte ancora da scoprire per questo siamo fiduciosi nella nuova prospettiva aperta del progetto scientifico che potrebbe arrivare a sviluppare un processo ecosostenibile e di potenziale rilevanza industriale attraverso l’ottenimento di nuovi prodotti ad uso farmaceutico.
Il progetto denominato SaffronMICI si occuperà della caratterizzazione dei petali di zafferano, attualmente materiale di scarto, prodotti ad alto valore aggiunto, da reimpiegare nell’industria farmaceutica, che potranno essere utilizzati nel trattamento delle malattie infiammatorie croniche intestinali. La ricerca potrebbe condurre a nuovi ritorni economici, a partire dai sottoprodotti agro-alimentari attraverso la riduzione/valorizzazione dello scarto nella filiera della coltivazione dello zafferano con uno sfruttamento innovativo della biodiversità che porterà, si legge nella nota stampa, all’ampliamento di sostanze bioattive idonee per realizzare e commercializzare nuovi prodotti farmaceutici economici destinati alla cura delle MICI.
L’incidenza delle malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI) è in continua crescita, esse sono dovute alla sregolazione del sistema immunitario associato al tratto gastrointestinale, che porta ad infiammazione cronica recidivante-remittente. Si stima che il costo medio per il trattamento delle MICI aumenti di quattro volte, in caso di refrattarietà alle terapie convenzionali. Dei molti affetti da MICI, 3mila sono abruzzesi, è necessario attuare dei programmi che incentivino nuove terapie, anche partendo dalle specificità dei singoli territori. Le MICI sono a tutt’oggi ampiamente studiate, ma i meccanismi molecolari eziopatogenetici, che ne innescano e ne amplificano la sintomatologia, non sono completamente noti. Attraverso il progetto si apriranno nuovi orizzonti nella bio-based economy in Abruzzo anche con partenariati di diversi paesi europei, che coopereranno attraverso specifici know-how per rendere lo studio, un fiore all’occhiello della ricerca italiana in ambito biomedico, aggiunge la coordinatrice.