Massimo Cialente sindaco ne ha fatte fuori più d’una d’assessore. Dall’oggi al domani. Roberta Celi, Luigia Tarquini e perfino Annamaria Ximenes, donna forte di partito, tutte con grande personalità e professionalità defenestrate senza troppi complimenti.
Sono tornate al loro lavoro. E meno male che un lavoro ce l’avevano.
Cialente non ha usato due pesi e due misure non cacciò forse pure il grandioso Giancarlo Vicini annunciandolo a viva voce al mondo senza averlo avvisato? Oppure Lelio De Santis, al volo, solo per aver osato criticare la gestione finanziaria del Progetto case?
Ed allora calma e gesso evitando strumentalizzazioni soprattutto da parte di chi ieri sbeffeggiava arditamente pezzi di Giunta sfiduciati ed oggi li santifica solo per colpire Biondi. No, non si fa.
E non si fa nemmeno a chi la spara più importante sulla questione di genere, di parità e al femminile, sono questioni serie tutte da risolvere e non di certo in un simil pollaio zeppo di gallinacci, galletti, gallinone, ochine e gallinacce da zuffa.
Non è così che si onora un incarico istituzionale.
Ed infatti la Tarquini, la Celi, la Ximenes e da ultimo la Di Stefano hanno incassato la sfiducia del loro sindaco che le aveva delegate di funzioni proprie e sono andate a casa. Punto.
La città può parteggiare, spettegolare e ciuciuettare virtualmente o pecorecciamente ma poi deve tornare alle urgenze. Urgenze della ricostruzione, delle politiche e di una pianificazione che restituisca borghi riqualificati ed abitabili ed un’idea vaga di cultura e di istituzioni culturali che non può essere a chi la spara più avvelenata in quello stesso pollaio dove vince chi gonfia più il petto, maschi o femmine che siano che differenza fa.
Biondi ha comunque posto questioni fuori pollaio. Vediamone una, la prima che mi viene in mente.
Con delibera di Giunta comunale n. 508 del 30 dicembre 2015, la Giunta Cialente ridusse la dotazione finanziaria per il rilancio ed il potenziamento del Gran Sasso, prevista nella delibera Cipe 135/2012, da 15milioni e 13milioni e 400mila euro, in attesa che fosse perfezionato l’iter di approvazione del nuovo progetto di sviluppo, si legge nell’atto, inserendo una nuova linea di intervento per la ripresa culturale, promozione e valorizzazione del patrimonio artistico, dotandola appunto, di un milione e 600mila euro.
Era per le istituzioni culturali che elaborarono una proposta progettuale contenente un piano di riparto delle risorse con una serie di intenzioni imprenditoriali future, rimaste però sulla carta.
La Struttura di Missione, con una nota del 29 dicembre 2015, abilitò il Comune ad adottare, con un atto di Giunta, il Progetto speciale per il rafforzamento delle attività e delle istituzioni culturali della città dell’Aquila, integrandolo con il piano di riparto delle suddette somme condiviso dalle istituzioni stesse.
In quella decisione strategica si scelse di non coinvolgere il Consiglio comunale ed infatti non è scritto da nessuna parte, neanche a provarci, che quel milione e sei, doveva essere restituito al Gran Sasso. Ed infatti non sarà mai restituito. Che ne pensiamo senza partigianerie?
Che ne pensiamo del fatto che dovrebbero cercare finanziamenti anche da privati e ancora non abbiamo notizie in merito? Vogliamo avviare una riflessione sulla base della nuova prospettiva lanciata da Biondi di reperire fondi anche altrove? Ci piace non ci piace? Ci piace davvero giocare a nascondino per dire che nelle Istituzioni culturali non c’è politica? Quanti concorsi sono stati esperiti per assumere personale?
Lasciamo stare, aspettando fiduciosi un dibattito politico utile, ruspando qua e là.