Il Giornale dell’Arte ha recensito l’Amphitheater di Beverly Pepper donato all’Aquila, il mensile, nato a Torino 35 anni fa, ha una tiratura superiore alle 20mila copie.
Nel chi siamo si legge che seleziona il meglio che l’arte ogni mese offre attraverso una rete fittissima di corrispondenti da tutto il mondo, network mondiale ha creato l’anglo-americano «The Art Newspaper», il francese «Journal des Arts», il greco «Ta Nea Tes Technis» e per alcuni anni in Spagna «El Periodico del Arte». Diffuso in 60 paesi è organizzato intorno alle redazioni operative a Torino, New York, Londra, Parigi e Atene dove confluiscono notizie, opinioni e servizi da corrispondenti di oltre venti paesi. Inoltre collaborano da tutto il mondo più di trecento giornalisti. Quest’amplissima premessa serve giusto a preparare quei finissimi palati nostrani, che in quest’ultimi giorni si sono spesi in apprezzabilissimi commenti sull’installazione scultorea al Parco del Sole donata da Beverly Pepper. Un risultato peraltro da ultimare, perché i fondi disponibili non sono stati sufficienti a recuperare anche la casa in quei pressi per fare un back stage, illuminazione adeguata ed ogni sistemazione utile, ma è prevista, a renderla pienamente fruibile. E’ un’installazione scultorea contemporanea a disposizione della città ed è l’unico segno che L’Aquila può mostrare di un’artista dalla caratura internazionale.
Il mio primo progetto di Land art fu nel 1976 nel New Jersey, un grandissimo anfiteatro commissionato da una delle più grandi compagnie telefoniche americane la AT&T , spiega la Pepper nell’intervista, all’Aquila ho voluto un’opera per la comunità che sia un tutt’uno con il simbolo di un passato che si rinnova, Collemaggio. L’opera pubblica deve essere creata affinché la popolazione possa trarne beneficio. Ecco quindi l’Amphisculpture, anfiteatro in pietra bianca e pietra rossa. Quando arrivai all’Aquila per la prima volta mi dissero che la Basilica di Collemaggio era il monumento aquilano più importante, diciamo il più rappresentativo, e volevo che anche il Parco del Sole avesse degli elementi rappresentativi della città, non tanto per i turisti, ma per la comunità, per i cittadini. Volevo che nell’immaginario degli aquilani, il teatro diventasse un tutt’uno con la Basilica, con il simbolo della città e con il simbolo di un passato che si rinnova. Quando entrai per la prima volta nella chiesa rimasi incantata dalla facciata ma soprattutto dalla pavimentazione e dal colore della pietra usata, così decisi che il teatro avrebbe avuto quella stessa pietra e quegli stessi colori che per secoli erano stati il simbolo della città per tutta la popolazione. Sono grata di avere uno spazio, cerco soprattutto di non essere invasiva e di rispettare la sua natura: solo così puoi integrarlo al paesaggio e far sì che la gente del luogo ci si possa riconoscere e possa utilizzarlo nel quotidiano vivere. Questa è la delicatezza con cui la Pepper, nome storico della Land art, ha voluto interagire con il territorio. L’opera ricorda nella forma un analogo lavoro creato da Beverly Pepper nel parco della Villa del collezionista Giuliano Gori a Celle, presso Pistoia: come un’evocazione degli antichi teatri greci con il linguaggio della modernità, con una quinta interrotta da una fessura, lo spazio digrada sul terreno, si affaccia sulla vallata e aderisce al luogo con vista sulle montagne come una seconda pelle. L’artista ha voluto inoltre che due sue «Narni Columns», sottili colonne in acciaio alte sei metri donate dall’artista alla Fondazione Carispaq, introducano come totem evocativi il passaggio all’anfiteatro, il quale ha una capienza di 1.800 posti. L’Amphisculpture è parte del progetto di sculture ambientali Nove artisti per la ricostruzione, ideato in seguito al terremoto del 2009 e coordinato dalla curatrice Roberta Semeraro, che sta ultimando a proposito il libro Ricostruire con l’arte, leggiamo ancora nell’intervista recensione. La Pepper sta peraltro concludendo un progetto a Todi. Vivo da così tanto tempo in questo meraviglioso posto che, da sempre, ho cercato di dare a Todi una reputazione internazionale. Sarà un parco di sculture, sarà un’attrattiva culturale e turistica importantissima per il territorio, sarà il primo parco monotematico di scultura contemporanea in Umbria! Le numerose sculture (20) che saranno installate nel parco rappresentano tutta la mia carriera artistica e tutti i materiali che ho usato negli anni per le mie creazioni, dal cor-ten alla ghisa, dalla pietra all’acciaio inox. Speriamo di inaugurare nella prossima estate. Nel frattempo a dicembre partirà a Todi un mostra e molti altri eventi legati a questo progetto. Le «Todi Columns», che furono installate nel 1979 nella piazza della città, e che fecero poi il giro del mondo, furono un evento unico per quel tempo e sono rimaste nella memoria della popolazione che ancora, quando mi incontra per strada, mi fa domande su quel momento, su quelle sculture, mi dice «non eravamo pronti, non avevamo capito…». Vorrei dare alla città di Todi una memoria delle sue esperienze, una continuità. Per questa ragione le colonne verranno rifabbricate e installate nuovamente nella piazza dopo quarant’anni.
E chi sa che non andrà a finire allo stesso modo qui da noi, ci tornerò per raccontare il progetto Nove artisti per la ricostruzione.