02 Mag 20

Sì, ma quale normalità?

2 maggio, non so a quale giorno di confinamento siamo. Il governo ha stilato il suo piano, bello o brutto che sia, alla normalità. La normalità. È un tema sentito del resto, ci sono milioni di persone precipitate nel baratro economico quindi normalità è una bella parola da sentir dire. Ma diciamole due cose su questa normalità cui dovremmo tornare. Intanto che è proprio questa che ci ha precipitato in questa situazione.

I virus cercano nuove case e viaggiano su decenni di pensiero unico passati a costruire un mondo di cazzate redditizie da vendere just in time in ogni angolo del pianeta. E non è detto che non continueranno a farlo per molto tempo, e che il ritorno alla normalità diventi mese dopo mese un miraggio. Se non sarà il virus sarà il cambiamento climatico, insomma, sembra che il fatto che una cosa sia molto comune non significa che sia normale.

Eppure in questa quarantena abbiamo scoperto che le cose importanti erano altre, il panettiere, un amico con cui parlare, la scuola, un infermiere o uno psicologo, un piccolo commerciante, un macchinista, una passeggiata nel bosco, nessuno si è lamentato di non avere l’ultimissimo modello di non so quale bene inutile. Abbiamo scoperto anche che serve uno Stato ma è una scoperta effimera, serve solo a mettere le pezze temporaneamente. I governanti e i burocrati del pensiero unico scommettono sul fatto che a breve si ritorna alla normalità.

Gli economisti e gli studiosi della società non sono così ottimisti. L’emergenza sanitaria potrebbe durare a lungo, la spirale economica recessiva potrebbe essere troppo dura anche per gli strumenti emergenziali, il credito e l’assistenza, messi in campo. Il turismo potrebbe ripartire troppo tardi, le esportazioni pure, i consumi fermarsi troppo. Potrebbero intervenire nuove crisi come quelle legate al cambiamento climatico. La normalità è lastricata di buone intenzioni ma sotto il pavimento c’è il vuoto al momento, ci sono, come nelle pagine di Hugo, l’occidente turbato, i complotti, le cospirazioni, le sollevazioni, il colera che aggiungevano al sinistro rombo delle idee il sinistro tumulto degli avvenimenti. 

Allora forse la nuova normalità, che non ci aspettiamo certo dai burocrati del pensiero unico messi a governare le task force di Stato, ma che dovremmo piano piano cominciare a costruire è altra, è quella che solo Papa Francesco ha saputo in queste settimane mettere in luce, è un’economia che si occupi della vita vera delle persone e dei loro bisogni reali, non solo del mercato, un’economia con valori diversi da quelli che ci hanno trascinato in questa situazione.


*di Alessio Ludovici