25 Nov 24

Sfiora il 40% la quota di maschi intervistati che ritiene che una donna sia in grado di sottrarsi… (29,7% donne)

Il 2,3% del campione intervistato continua a ritenere accettabile che un ragazzo schiaffeggi la sua fidanzata perché ha civettato/flirtato con un altro uomo. Quasi il doppio (4,3%) considera tollerabile che in una coppia ci scappi uno schiaffo ogni tanto.

Anche tra i giovani appare rilevante la quota di chi dichiara di accettare il controllo dell’uomo sulla comunicazione della partner (10,2%). E sebbene sia cresciuta la consapevolezza delle donne verso gli stereotipi di genere che le confinano in un ruolo subalterno a quello maschile, alcuni di questi restano ampiamente radicati.

Openpolis torna sui dati dell’ultima indagine Istat sulla violenza di genere.

Oltre un intervistato su 5 condivide che gli uomini siano meno adatti ad occuparsi delle faccende domestiche (21,4% in media, 24,6% tra i maschi), che una donna abbia bisogno dei figli per essere completa (20,9%, 24,2% tra gli uomini) e che il successo nel lavoro sia più importante per l’uomo (20,4%, in questo caso senza particolari differenze di genere). Mentre più donne che uomini ritengono che sia compito delle madri seguire i figli e occuparsi delle loro esigenze quotidiane.

La conservazione di una mentalità che considera la donna subalterna all’uomo e alle esigenze della famiglia ha spesso un riscontro nella giustificazione o acquiescenza verso le violenze di genere, in questo caso più frequente tra gli uomini.

Quasi un uomo su 5 (19,7%) pensa che le donne possano provocare la violenza sessuale con il loro modo di vestire (14,6% tra le donne). Sfiora il 40% la quota di maschi intervistati che ritiene che una donna sia in grado di sottrarsi a un rapporto sessuale se davvero non lo vuole (29,7% tra le donne). Circa un decimo degli intervistati, senza particolari differenze tra uomini e donne, attribuisce alla donna la responsabilità – almeno parziale – della violenza sessuale quando è ubriaca o sotto l’effetto di sostanze, oppure se accetta un invito dopo una festa.

Di fronte alle violenze, attribuite da oltre 3 intervistati su 4 alla considerazione della donna come oggetto di proprietà (83,3%) e al bisogno dell’uomo di sentirsi superiore alla moglie/compagna (75,9%), appare evidente la necessità di iniziative culturali ed educative per superare stereotipi radicati, rileva ancora Opnepolis.

In Italia nel 2022 sono risultati attivi circa 400 Centri antiviolenza (Cav). Un dato in crescita del 3,2% rispetto all’anno precedente e del 37% rispetto al 2017.

In media, l’offerta è quindi pari a 0,13 centri ogni 10mila donne, con forte variabilità territoriale. La quota sale a 0,18 centri ogni 10mila residenti nel sud continentale ed è in linea con la media nazionale nel centro Italia. Mentre risulta inferiore nelle isole (0,12), nel nord-ovest (0,11) e nel nord-est (0,1).

Le regioni con maggiore diffusione rispetto alle residenti sono Molise, Umbria, Campania e Abruzzo, dove i centri raggiungono o superano la quota di 0,2 ogni 10mila donne. Si attestano invece sotto la soglia di 0,1 centri Marche, Basilicata e la provincia autonoma di Trento.

A variare però non è solo la presenza, ma anche il tipo di servizio effettuato. Per fare un esempio, se in media quasi la totalità dei centri rispondenti aderisce al numero dedicato 1522 (99,1%), la quota scende al 97,9% in Campania, al 97,3% nel Lazio e al 91,7% in Calabria. A fronte di circa 3 centri su 4 che dichiarano una reperibilità 24 ore su 24, la percentuale non raggiunge il 25% in Valle D’Aosta, Trento, Marche e Veneto.

32.989 le chiamate al 1522 nei primi 6 mesi del 2024. Il 70% in più rispetto allo stesso periodo del 2023. 

Nel 2022, in 8 regioni tutti i centri antiviolenza censiti riportano di aver svolto attività di informazione e formazione nelle scuole. La quota scende sotto l’85% dei Cav censiti in Calabria, Campania, Trentino Alto Adige e Molise. In quest’ultima regione nessun centro ha riportato lo svolgimento di tale attività. Eppure serve lavorare fin dalle scuole sulla consapevolezza di cosa rappresenti la violenza di genere, così da acquisire dall’infanzia una cultura di parità e rispetto verso le donne.