20 Giu 22

Rueda ripensò Barcellona senza auto

Il Marconi District, concorso di idee sulla riqualificazione di viale Marconi a Pescara, promosso dal comitato Salviamo viale Marconi in collaborazione con l’associazione di promozione sociale Woo Mezzo Metro Quadro, con il patrocinio di Fiab Pescarabici, Italia Nostra e Green Abruzzo, è stato vinto dal progetto di Vincenzo Soldano. E così Pescara si confronta su temi importanti grazie all’impegno civico e a Salvador Rueda, in giuria, già ideatore del piano urbanistico di Barcellona.

Rueda immaginò Barcellona non più dominata dalle automobili, ma da spazi pubblici per pedoni e ciclisti e organizzati attorno alle superillas/super isolati, cioè pezzi di città dove le auto non sono protagoniste, programmi specifici per spazi verdi, piste ciclabili e rete di autobus. Un progetto rivoluzionario, nato decenni fa, di lenta costruzione e su una conformazione urbana favorevole.

Certo è che noi abbiamo dimenticato di cosa stiamo parlando. Anzi non ne abbiamo mai parlato.

Nove isolati all’interno dei quali restituire lo spazio della città ai pedoni e ai ciclisti, fu la visione di Rueda, con la circolazione delle auto quasi esclusivamente lungo il perimetro del blocco dei nove isolati, mentre all’interno solo forme di mobilità alternative e spazi verdi pubblici.

Il vero protagonista è il pedone con marciapiedi larghi, ha poi dichiarato al quotidiano Il Centro parlando di Pescara. La città è una combinazione di spazio pubblico e attività commerciali e allora si deve favorire la miglior interazione tra questi due aspetti. La risultanza è un marciapiedi generoso, che crea relazione tra persone e garantisce l’accessibilità. Se si vuole cambiare l’uso dello spazio pubblico, ha spiegato, occorre per prima cosa ridisegnare la rete di trasporto pubblico, in modo che abbia una frequenza dei passaggi di massimo 10 minuti in tutte le zone a prescindere dal quartiere in cui vivono.

Un ragionamento messo nero su bianco nel Pums, all’Aquila, Piano urbano della mobilità sostenibile, che tuttavia avrebbe un gran bisogno di ragionare sugli anni di transizione che dovranno condurci alla ricostruzione della città e delle frazioni. Frangente nel quale i mezzi pesanti dei cantieri, i tecnici con permessi a palla in ogni ora del giorno e della notte, imbucati del centro storico a prescindere, niente di definitivo perché è sempre il cantiere più grande d’Europa, fazioni di esercenti/commercianti pro e contro la pedonalizzazione da qualche secolo e di fatto un disegno della città riqualificata mai nato, né col Piano regolatore del 1975, né col Piano di ricostruzione del 2012 che Piano di ricostruzione non è mai stato, sono e saranno il nostro pane quotidiano ancora per un po’.

Siamo a 13 anni e più di ricostruzione fatta, poca pianificazione e zero riqualificazione, mantra del com’era e dov’era e una richiesta fisiologica di parcheggi che in un cantiere permanente, d’altra parte decidemmo di riabitare la città in ricostruzione, è difficile portare oggi in maniera stabile, come definitive e certe, per le stesse ragioni, non possono essere le aree pedonali. Siamo in ballo e dobbiamo ballare con una musica scritta da chi ha segnato malamente la città per i prossimi secoli.