Le periferie delle grandi città stanno esplodendo, disagiate, abbandonate al degrado e alla solitudine si punta il dito contro lo sviluppo urbanistico degli ultimi decenni. Ai palazzinari che hanno fatto alveari ovunque, a dieci, diciassette chilometri dal centro di Roma, in zone isolate, dove in questi mesi e con i centri d’accoglienza è esplosa la tensione sociale. Facile, parlare di razzismo. Troppo facile da parte di chi vive bene, in quartieri residenziali anche se non proprio ricchi, ma dove si può tranquillamente uscire all’imbrunire, passeggiare, fare la spesa, andare al parco sotto casa. Chi invece vive in borgate a rischio, imbottite di cemento a forma di casa, di alveari simili a palazzine abitabili e intorno da quarant’anni il nulla, chi vive qui non ne può più, non ha lavoro, non ha serenità, non riesce ad arrivare a fine mese non ce la fa più, e lo straniero, diventa colui che gli può togliere quel poco che gli è rimasto. E se vive nel degrado, il disagio si raddoppia. Difficile fare i sociologi, teoricamente si può fare tutto, ma diventa filosofia fatta al calduccio di una casa in zone socialmente alte, ben abitate e vivibili, senza strutture d’accoglienza che sarà sempre bene metterle in altri quartieri, quelli di cui alla politica importa poco. Un parallelo con L’Aquila. Nei 19 quartieri dormitorio del Progetto case, fatti ormai quasi sei anni fa, con circa seimila alloggi messi insieme, accadrà esattamente la stessa cosa. Perché non c’è luogo di socialità, non ci sono negozi, non c’è un’edicola, non c’è passeggio, il trasporto pubblico è al minimo, e i centri Caritas, donati con i soldi degli italiani, non aggregano perché restano chiusi, nonostante le inaugurazioni, a causa di problemi burocratici da risolvere, da almeno quattro anni, inchiodati al palo dai troppi incarichi progettuali che ha avuto l’architetto di fiducia Caritas. I musp, le scuole dell’emergenza, avrebbero dovuto forse organizzarle intorno a questi quartieri mentre sono ferme da almeno due anni negli uffici comunali, 43 proposte per attività commerciali e ricreative da realizzare nei 19 quartieri dormitorio, peraltro presentate a seguito di bando pubblico. Sono passati già sei anni dal sisma, per arrivare a decenni di degrado non ci vuole niente.