Ci vuole un cambio di rotta serio, coraggio e decisione perché la casa comunale aquilana è un’allucinazione vera, dove è perfino difficile spostare una sedia da una stanza all’altra tante sono le pressioni, i ricatti, le faide, gli interessi personali e padronali. In più la forza malefica di tanti consiglieri portavoti, che controllano e pescano nella propria frazione, per poi chiedere il conto in Consiglio. Americo Di Benedetto è il candidato sindaco della coalizione civico progressista Vivendo L’Aquila. 10mila e 500 votanti e una città intera che ha voluto dire la sua. Di area renziana, ha vinto con 5.197 voti sui 4.576 di Pierpaolo Pietrucci, orlandiano, ed i 638 di Lelio De Santis, segretario regionale dell’Italia dei Valori. Il centro destra è andato nella casa degli avversari a scegliersi un candidato perché in casa propria non c’è verso, parlo di una vecchia guardia militante, ex Dc, che è andata a votare a sinistra: per essere rappresentata da chi? Pietrucci difende la sua visione e il buon risultato ottenuto, dichiarando che solo le due visioni insieme, unite, potranno vincere, il che nella definizione del programma elettorale significherà far contare le diverse anime, civiche e progressiste, col medesimo peso. Ma che peso avrebbe chi ha portato l’acqua al mulino dei voti e domani vorrà un riconoscimento? Sono peraltro poco chiare le manovre della vecchia guardia e della triade a rischio pensionamento, perché se la segreteria era apertamente con Pietrucci nei fatti non lo ha dimostrato. Prevedibile in Cialente, sfuggente in altri che hanno preferito non esporsi, eppure in città la mozione Orlando ha sfiorato il 70%. Con tutto il rispetto per Americo Di Benedetto c’è da aggiungere che questo voto non sembra una genuina espressione di un elettorato libero, sull’iniziale entusiasmo per l’ampia affluenza si addensano insistenti ombre da diradare subito, bisognerebbe capire com’è andata davvero, sono a rischio l’unità, la lealtà di un partito e la forza di un’alleanza. E soprattutto il futuro dell’Aquila.