All’Auditorium del Parco, il Gran Sasso Science Institute ha tenuto stamattina il secondo dei tre forum programmati per il 2015 sul tema L’Aquila del futuro, con i contributi di giovani ricercatori che studiano l’evoluzione post sisma del territorio e quella delle sue vocazioni. Su tutto il contributo che la conoscenza dovrebbe apportare in questo processo, che tuttavia Antonio Calafati, introducendo i lavori dei ricercatori, non riesce ancora a registrare. Forse perché la città dovrebbe guardare con più serenità alle politiche che evolvono, che non vuol dire necessariamente un giudizio sulle scelte. E comunque non mi è sembrato di cogliere una vera volontà politica e istituzionale, a lavorare sinergicamente agli stimoli proposti. Turismo possibile, città della conoscenza che riesca a coordinarsi armonicamente, policentrismi reali, e cioè il fatto che ci sono molti centri, invece di quello storico che prima, da solo, aggregava aquilani e comuni limitrofi, sono interrogativi al quale ancora non corrisponde una strategia condivisa. Perché se la rettrice Inverardi tornerà in centro con gli uffici e la facoltà di Economia, non può contare su una riqualificazione vera dei luoghi per impostare un futuro, infatti il nuovo Piano regolatore è ai primordi, in più, la visione del sindaco Cialente di avere più centri serviti, con il vecchio centro storico da vivere solo con uffici e servizi di giorno, non sembra proprio essere vincente se non nel fatto che il centro, tornerà sempre più faticosamente a ripopolarsi. Infine il contributo sui turismi. Se la conoscenza oggi ci dice che l’offerta è troppa rispetto alla domanda e poco diversificata, per cui anche centri importanti come Trento stanno ripiegando sui percorsi di nicchia, non si può rispondere come ha fatto il Sindaco dell’Aquila, che invece la città aspira alla massa. Parla evidentemente per conto proprio, senza integrare la conoscenza nelle sue esternazioni, come osservava appunto Calafati. Alla fine della mattinata lo sfogo di un paio di persone, che hanno restituito l’immagine di una città che ha bisogno di segnali elementari utili al vivere civico e ad un turismo basilare, ancor prima di chiedersi cosa stia diventando dopo il sisma, e nessun amministratore glieli lancia.