Nell’ultimo Rapporto Ispra sulla Qualità dell’Ambiente Urbano, c’è una parte dedicata alla Pianificazione urbanistica di nuova generazione. Cioè una cosa che in un territorio terremotato con un Piano regolatore vecchio 40 anni, dovrebbe essere solo l’inizio, strumento innovativo che oltre alla parte tecnica guardi al contesto, alla realtà sociale in cui deve essere calata e alle diverse realtà regionali e comunali. Per cui a seconda del percorso partecipativo e consultivo scelto, si legge nel Rapporto, si sono consolidati il Piano Strutturale Comunale (PSC); il PUC, (Piano Urbanistico Comunale); il PAT (Piano Assetto del Territorio); il PGT (Piano di Governo del Territorio) o il PUG (Piano Urbanistico Generale). C’è una sostanziale distinzione tra la parte tecnica e quella effettivamente attuativa, perché calata sul territorio. Ad esempio in Lombardia il Prg vecchia maniera è stato sostituito da strumenti come il Piano dei Servizi ed il Piano delle Regole. Nel nostro Comune non esiste nemmeno una Carta dei Servizi ed è stato pensato un Piano regolatore vecchia maniera riducendo ogni scelta a quanto resta ancora da costruire, probabilmente già individuato con le esigenze delle imprese. Non si sa nulla degli interventi su edifici pubblici, sul patrimonio immobiliare e sugli spazi pubblici, su azioni, vere, di sostegno all’occupazione e sul welfare urbano, cultura e sociale. Che non vuol certo dire utilizzare gli alloggi del Progetto case per assegnarli alle fasce più svantaggiate, non funziona così, queste non sono politiche di rinascita ma strade verso un nuovo assistenzialismo. L’assessore Capri presenta progetti di riqualificazione senza aver condiviso il percorso col collega Di Stefano, mi pare abbiano presentato a Roma due differenti progetti per le periferie ma la città è una, che poi entrambi non ragionano con Mancini, responsabile del commercio, per una pianificazione anche commerciale e di insediamenti futuri da condividere. Mentre lo sciame sismico prosegue, e noi siamo esattamente come sono le altre città d’Italia, impauriti e pronti a fuggire da strutture pubbliche poco sicure come prima del 6 aprile 2009. E a raccontarla così, non ci si crede.