21 Nov 23

Per Giulia non fate un minuto di silenzio, per Giulia bruciate tutto

Filippo non è un mostro, un mostro è un’eccezione, una persona esterna alla società, una persona della quale la società non deve prendersi la responsabilità. E invece qui la responsabilità c’è. A parlare dopo la fiaccolata è Elena, sorella di Giulia Cecchettin, uccisa dal suo ex ragazzo Filippo Turetta, in stato di fermo in Germania. La violenza serve a ristabilire la gerarchia, che qualche donna ha pensato di mettere in discussione, è l’espressione di un sistema di potere millenario in crisi, ma che è ancora ben radicato nei comportamenti quotidiani. Filippo le chiese di fermarsi con gli esami, è stato il primo campanello d’allarme.

Giulia Cecchettin è stata uccisa a pochi giorni dalla discussione della laurea in ingegneria biomedica all’Università di Padova, un successo che evidentemente non andava giù a Turetta, suo compagno di studi, secondo quanto riferito dai familiari della ragazza. Turetta non voleva che Giulia si laureasse prima di lui.

Annalisa Camilli, su Internazionale, cita la scrittrice Lea Melandri, per raccontare questo femminicidio, ci sono parentele insospettabili che molti non riconoscono o che preferiscono ignorare. La più antica e la più duratura è quella che lega l’amore all’odio, la tenerezza alla rabbia, la vita alla morte. A uccidere, violentare, sottomettere, sono prevalentemente mariti, figli, padri, amanti incapaci di tollerare pareti domestiche troppo o troppo poco protettive, abbracci assillanti o abbandoni che lasciano scoperte fragilità maschili insospettate.

Spesso proprio le donne più autonome possono essere vittime di violenze efferate: sono i loro “no” a innescare la rabbia, rompendo un patto di sottomissione durato millenni. Anche nell’epoca in cui il femminismo è diffuso e molteplice, addirittura mainstream, riflette Camilli, la violenza non si ferma e tutte le battaglie sembrano per un attimo essere state inutili, davanti a una ragazza di 22 anni uccisa a coltellate. Ma in questo momento di spaesamento appare più nitido il fatto che il cambiamento dev’essere radicale, non ci può essere nessuna gradualità. Non si tratta di emendare o riformare qualcosa, ma di cambiare tutto.

E chi sa che non sia arrivato davvero il tempo.

La cultura dello stupro è ciò che legittima ogni comportamento che va a ledere la figura della donna, a partire dalle cose a cui talvolta non viene nemmeno data importanza ma che di importanza ne hanno eccome, come il controllo, la possessività, il catcalling. Ogni uomo viene privilegiato da questa cultura, viene spesso detto non tutti gli uomini. Tutti gli uomini no, ma sono sempre uomini. Nessun uomo è buono se non fa nulla per smantellare la società che li privilegia tanto. È responsabilità degli uomini in questa società patriarcale dato il loro privilegio e il loro potere, educare e richiamare amici e colleghi non appena sentano il minimo accenno di violenza sessista. Il femminicidio non è un delitto passionale, è un delitto di potere. Serve un’educazione sessuale e affettiva capillare, serve insegnare che l’amore non è possesso. Bisogna finanziare i centri antiviolenza e bisogna dare la possibilità di chiedere aiuto a chi ne ha bisogno. Per Giulia non fate un minuto di silenzio, per Giulia bruciate tutto, affonda Elena Cecchettin nel suo intervento, citando una poesia dell’attivista peruviana Cristina Torres Cáceres.