Una direzione nazionale di dieci ore. Dieci ore. Un Pd che dovrà fare un’opposizione tosta, quando questo governo cadrà, ha detto il segretario Letta, noi dovremo chiedere le elezioni anticipate. Non dovremo chiedere nessun altro governo di salvezza pubblica.
Facile parlare col senno del poi. Niente scioglimento, niente chiarezza d’identità. Le solite correnti, le future guerre intestine. Cambiare tutto per non cambiare nulla?
Bisogna mettere in campo una classe dirigente più giovane, ancora Letta, Giorgia Meloni è stata apprezzata anche per il fatto di essere una donna giovane, mentre il PD è incapace di rinnovarsi e di avere una maggior presenza femminile.
Le donne elette dal partito sono state il 28,6% per cento del totale. Ma chi le ha composte le liste? Quando le hanno composte Letta dov’era?
Svecchiare e rinnovare la classe dirigente del PD e includere più donne, per Monica Cirinnà, che non è stata rieletta, dopo anni in cui le decisioni importanti sono state prese sempre dagli stessi uomini del partito. Nei circoli del PD ho trovato una generosità direi eroica, da parte dei Giovani Democratici, rassegnati, senza sorriso e senza slancio. Non è colpa loro, è colpa nostra. In questi giorni ho seguito con attenzione il dibattito interno e lo voglio dire con sincerità: tanti di noi, troppi di noi, non hanno più la credibilità per intestarsi un percorso di rinnovamento. Mi ci metto io per prima. Si tratta delle nostre responsabilità come classe dirigente: dobbiamo farcene carico e capire che adesso ci viene chiesto di fare un passo indietro.
Tutti d’accordo sul cambio di passo, ore e ore di confortevole autocritica, ma le idee per cambiare ancora non escono. Proposte poche e candidati segretari che promettono nella continuità più piatta, da Paola De Micheli a Stefano Bonaccini, e se si candidasse la non ancora quarantenne Elly Schlein, cambierebbe cosa? Molleranno la presa i capi corrente? Basterà una giovane che non ha rinnovato la tessera del partito a portare rinnovamento e identità?
Dieci ore per dirsi cose arcinote anche prima delle elezioni politiche, passate peraltro ad azzannare la contro parte della destra senza mostrare un’idea chiave, che si potesse dire di sinistra. Di una sinistra nuova, nuovi linguaggi, nuove idee, soprattutto chiare e concrete, capace di attrarre anziché usurarsi in dieci ore di ragionamenti per tornare poi, come in un disastroso gioco dell’oca, al punto di partenza. Dieci ore di parole giuste, rimbalzate di qua e di là.