Nella riunione della seconda commissione consiliare di giovedì scorso i sindaci e Di Matteo, l’assessore ai Parchi della Regione che dovrebbe essere quella verde d’Europa hanno raggiunto l’accordo per la riperimetrazione del Parco Sirente Velino. Così il commento su fb di Giovanni Cialone, Italia Nostra. E così dopo un quarto di secolo dalla sua istituzione siamo alla terza modifica, sempre in decremento, dei confini del Parco. La lobby dei cacciatori preme, gli amministrazioni lamentano lungaggini e vincoli dovuti alle norme di salvaguardia, lamentano le mancate autorizzazioni sui tagli boschivi e le lungaggini del Mibac per i progetti di ricostruzione. Gli agricoltori e gli allevatori lamentano i danni da cinghiale e da lupo ed i mancati indennizzi. Hanno ragione, ma le colpe sono tutte le loro e della Regione. Sindaci e consiglieri comunali per decine di anni e anni sono stati abbarbicati alle poltrone del consiglio direttivo e della comunità del parco e in così tanti anni, 25, non sono stati capaci di tirare fuori uno straccio di piano che superasse finalmente la rigidità delle norme di salvaguardia né uno straccio di piano di sviluppo socio economico, tutt’e due di loro competenza. Per più di venti anni hanno considerato il Parco Sirente Velino come un’estesa comunità montana da mungere, un bancomat da utilizzare per interventi dettati da interessi localistici. Ed oggi, chi sedeva nel consiglio di amministrazione o nella comunità del parco, si accorge di essere stato inutile ed inefficiente e si accorda con l’assessore di turno per un Parco spezzatino. Una buona parte della Valle Subequana fuori dal Parco, fuori Tione ed un bel pezzo di Goriano e Gagliano, fuori dal Parco Monte Rotondo fino a Rocca di Mezzo. La Regione Abruzzo, quella che aveva ed ha il controllo e la vigilanza sul suo parco, per anni si è limitata solo a sistemare presidenti senza intervenire nelle inefficienze e senza fare quegli atti che servivano a trasferire risorse a chi vive e lavora nei parchi. La Regione Abruzzo che si picca di essere la Regione verde d’Europa da qualche lustro non approva le norme per la redazione e gestione delle aree sic e zps, solo tre Regioni in Italia non lo hanno fatto, rimandando indietro alla Comunità Europea, ogni anno, qualche milione di euro che dovevano essere trasferiti a chi vive e lavora nelle aree sic e zps per le compensazioni. E al danno dei milioni non redistribuiti si aggiunge la beffa, la stessa Regione è sotto infrazione per la mancata approvazione delle norme sui sic e rischia di essere sanzionata così tutti i cittadini abruzzesi pagheranno le inefficienze della classe politica di oggi e di ieri. Un Parco così come si vuole ridisegnare non serve a niente ed a nessuno, è una presa in giro. Non serve alla natura e non serve alla gente della montagna. Ed allora la politica si deve assumere le proprie responsabilità. L’assessore Di Matteo deve avere il coraggio di presentare una proposta per cassarlo, di dire a tutti che la Regione verde d’Europa non lo vuole, non gli serve e non è stata e non è capace di gestire il suo parco regionale e se ne infischia se esso è un bene collettivo, un bene che dovrebbe essere di tutti e non è solo della Regione o dei comuni in esso ricompresi.