Resterà aperta fino al 5 novembre 2023, Marisa Merz e Shilpa Gupta, visibile invisibile, la mostra curata da Bartolomeo Pietromarchi e Fanny Borel, in collaborazione con Fondazione Merz e Galleria Continua.
Due mondi, due storie, due epoche quelle che si incontrano nelle sale di Palazzo Ardinghelli al MAXXI L’Aquila, nelle opere di due artiste nate a 50 anni di distanza in luoghi tanto lontani come lo sono l’Italia e l’India.
La mostra, il cui titolo si ispira al celebre testo incompiuto di Maurice Merleau-Ponty, Il visibile e l’invisibile, uscito postumo nel 1964, accoglie circa 50 opere delle due artiste creando tra i loro lavori un dialogo sospeso nel tempo e nello spazio, che annulla le distanze e dona loro nuove prospettive e significati.
Cultura orientale e occidentale s’incontrano e si confrontano nelle sale barocche del museo che privilegiano la dimensione intima e privata, in una conversazione tesa e precisa sui temi del visibile e dell’invisibile, del detto e del non detto, del concreto e dell’astratto, si legge nella brochure.
Nella doppia personale visibileinvisibile, il MAXXI L’Aquila rende così omaggio a due indiscusse protagoniste dell’arte contemporanea, Marisa Merz e Shilpa Gupta. La mostra apre al dialogo di due mondi, Oriente e Occidente, due storie, tra generazioni diverse, in una conversazione sui temi del visibile e dell’invisibile, dell’immagine e della parola, del politico e del filosofico in una tensione etica e poetica che si compenetra e si completa nelle opere dell’una e dell’altra.
‘Nessuna cosa, nessun lato della cosa si mostra se non nascondendone altri aspetti, denunciandone l’esistenza nell’atto stesso di nasconderli. Vedere è, per principio, vedere più di quanto fisicamente si percepisca con la vista, accedere a un essere di latenza. L’invisibile è il rilievo e la profondità del visibile’, scrive Merleau-Ponty.
Dalle opere di Gupta sui poeti interdetti ed esiliati per impedirne il dire, sui confini invisibili e sulle definizioni che limitano la libertà del singolo suggerite e mai scontate sino ai gesti e alle sottili trame che suggeriscono presenze e assenze nelle opere di Merz s’instaura un dialogo intenso e pregnante sul senso del vedere e del mostrare, sul nostro rapporto con l’essere, affrontato da due culture così profondamente diverse eppure dialoganti. Ed è proprio attraverso la pittura, e per estensione dell’arte, che il vedere, tradizionalmente privilegiato dalla cultura occidentale, e il sentire di quella orientale vengono indagati sino al cuore dei propri enigmi, e, più profondamente di qualsiasi altra modalità percettiva, conducono a ripensare, in entrambe, le categorie fondamentali su cui quelle culture si fondano.
Nel rapporto con il contesto e la città che le ospita, le due artiste attivano percorsi che dall’interno si liberano verso altri luoghi e altri tempi per ritrovarsi qui e ora, in un’essenziale, necessaria e ineluttabile presenza.