Il progetto Home-for-All dell’architetto giapponese Toyo Ito, pensato per le popolazioni colpite dallo tsunami dell’11 marzo 2011, è stato premiato al World Architecture Festival 2015 di Singapore nella sezione Cultura. Lo studio professionale che ha realizzato il lavoro, è composto da Klein Dytham, lo stesso Toyo Ito ed Arup, si tratta di un piccolo centro comunitario a misura di bambino, finanziato con donazioni e realizzato con prestazioni professionali gratuite, dove incontrarsi e socializzare, vista l’impossibilità di giocare all’aperto per le radiazioni generate dal disastro ambientale che colpì la centrale nucleare di Fukushima. La casa ha un telaio in legno lamellare, con colonne portanti che ricordano gli alberi di una foresta. Un’idea che Ito volle rivolgere agli sfollati che avrebbero di certo avuto bisogno di un tetto, ma anche di aggregazione e conforto dopo tanta distruzione, ed è su queste basi, che gli architetti giapponesi inventano l’idea di un luogo collettivo di riunione, per garantire una dimensione comune a chi l’aveva persa, impostando fin dall’emergenza il senso dell’aggregazione che al contrario all’Aquila, nei 19 quartieri dormitorio del Progetto case e nei Moduli abitativi provvisori disseminati in una città dispersa, si va perdendo ogni giorno di più. Nei centri d’emergenza, i giapponesi preferirebbero restare per i prossimi anni, piuttosto che abitare case provvisorie dove mancano spazi per ritrovarsi. Nel business abruzzese la sensibilità di Ito, che nella ricostruzione di alcune città ha ascoltato le aspettative della gente per tradurle nel progetto tecnico, è mancata del tutto. In realtà le speculazioni travolgono anche il Giappone che nel disastro di Fukushima ha perso una belle fetta d’affari e l’idea di un’architettura a servizio della gente, s’è spesso infranta sugli interessi ed i grandi appalti travolgendo la buona volontà di salvaguardare le comunità, purtroppo i gravissimi danni della centrale nucleare, vengono taciuti dalla politica che tende a normalizzare una bomba ad orologeria, la gente tenta di denunciare il disastro, ma sa che ne dovrà subire i terribili effetti nei prossimi decenni e non può fare nulla.