Se fosse ancora viva la contesa tra i Gaglioffi e i Camponeschi sarebbe sicuramente molto più affascinante e palpitante dei conflitti socio-politici attuali, ridotti a vecchie ruggini da contado pronte a distruggersi l’un l’altra purché non si costruisca nulla. E’ così che vedo l’attuale consiliatura aquilana, quattro anni, manca l’ultimo per andare al voto. Tutti pronti a fare il sindaco e a ricandidarsi per un’assise, c’è un’assise?, che non è stata affatto protagonista.
Abbiamo eletti che non hanno mai parlato, mai proposto, mai detto la loro, eletti che non rispondono all’appello da anni, ma non hanno mollato lo scranno, meglio tenerselo stretto per impedire a Tizio, che nel frattempo è passato con Caio, di entrare in quel gruppo che sarebbe diventato di quattro anzi no di cinque componenti, quindi gli sarebbe toccato un assessore in più. Per giunta con un altro partito.
Questi anni sono trascorsi come scorre l’acqua fresca di un ruscello, di alcuni consiglieri non ricordo neanche il nome, quando mai, altri non li ho mai sentiti parlare, mai uno slancio, una proposta, una politica. E le opposizioni a costruire cosa? Una strada per la rivincita? Non mi pare.
E’ tutto un destrutturare, uno scomporre un rivendicare senza alternative, senza un disegno vero, perché poi il disegno non può essere una nota sul profilo social o andare di taglio per postare il proprio intervento pubblico per poi riuscire a criticare il manager della Asl aquilana, Roberto Testa, senza mai pronunciarne il nome.
Ma che giochi fanno?
Una seduta consiliare in ritardo di almeno cinque mesi, quando l’allora ministra De Micheli disse che sarebbe stata finanziata la tratta veloce Pescara-Roma, con risorse disponibili in parte, e poi inserita nella strategia europea della ripresa post covid, dal presidente Marco Marsilio a fine anno, senza che nessuno abbia alzato subito le barricate per il capoluogo. Ci fosse stato Pietro Lalle Camponeschi avrebbe capeggiato una sommossa.
Invece no e a distanza di secoli andiamo morbidi come gelatine, senza avere nulla da dire, capacissimi di grandi strategie per zumpare in quanti gruppi? sei diversi?, sempre in maggioranza, per avere alla fine della fiera, un ruolo giusto nella Sanità. E questo è quanto. E da tutti questi giochetti dovrebbe uscire un candidato sindaco? Dovrebbero riproporsi soggetti che non sono stati capaci di portare una soluzione che sia una a un problema della città? Le sedute consiliari sulla sanità sono stati sfogatoi spacciati per diritto alla parola, solo per avvelenare la contesa politica sfruttando al minimo la possibilità di dare risposte al cittadino. Che aspetta ancora trasparenza, certezze, notizie, vuole essere informato, sapere cosa accade domani, tra un mese e quando potrà riaprire l’attività facendosi un’idea con i contagi e le vaccinazioni da seguire con una fonte ufficiale accreditata che sia una, senza doverne inseguire sette diverse e non si vede mai l’alba.
Abbiamo una pianificazione da reinventare. C’è una pandemia che sta cambiando e smuovendo il dibattito di mezzo mondo perché cambierà il modo di vivere le città e cambierà il ruolo di quelle intermedie, ma il dibattito di cui continuiamo ad essere incapaci, proprio come comunità, a parte qualcuno che poi riesce a battersi solo per il proprio quartiere barra orticello, non può essere il lancio di venti righe per dire pubblicizziamo a Roma di venire a vivere all’Aquila.
Ma che fine stiamo facendo?
C’è troppo da fare e troppo da ragionare per una classe dirigente da innovare alla radice a parte qualche eccezione usurata dalla solitudine delle battaglie, anche i civici sono presenze ormai sbiadite, non c’è più passione, solo lotte intestine a destra e a manca, con un centro pronto a far valere il proprio peso specifico, in un futuro prossimo e in una prospettiva sostanzialmente immobili.