La stessa sera in cui Juan Carrito moriva investito da una macchina, un altro monumento naturale cadeva nello sfortunato lunedì del 23 gennaio 2023. Si tratta di una Quercia monumentale, denunciano in una nota WWF Abruzzo e Italia Nostra, conosciuta come la “Quercia delle streghe” di Loreto Aprutino, l’albero monumentale più grande della provincia di Pescara e tra le più grandi d’Abruzzo per diametro del fusto, 6,40 m di circonferenza.
Ricordiamo che la pianta con il fusto dalle maggiori dimensioni è il Piantone di Nardò, un castagno monumentale che si trova in località Morrice, nel Comune di Valle Castellana (Te) con una circonferenza di 12,03 m (le misure si riferiscono all’anno 2000).
Le nostre colline argillose sono ricche di roverelle che si distinguono per essere gli alberi monumentali dalla chioma più ampia. Pensate che la Roverella di Macchie, a Castel Castagna ha un diametro a terra della chioma di 32,80 m, vale a dire occupa uno spazio aereo e sotterraneo di 844,53 mq! Una grande casa, scrivono.
La Regione Abruzzo è la seconda regione italiana per quantità di alberi monumentali che purtroppo stiamo perdendo anno dopo anno. Sono esseri viventi che stanno all’apice di un percorso evolutivo; perdere queste specie significa perdere un patrimonio genetico di conoscenza e di adattamento alla Vita sulla Terra, un patrimonio naturale di cui non comprendiamo tutti i legami strettissimi che ci riguardano ma da cui dipende la nostra sopravvivenza.
La Quercia delle streghe era nota fin dagli anni ’80, documentata nei primi censimenti forestali degli alberi monumentali. Si racconta che avendo il fusto cavo in tempo di guerra vi si nascondevano il grano e altri generi alimentari, a volte anche i partigiani.
Come per il nostro amico Orso non abbiamo fatto abbastanza.
Anzi diciamolo: gli Alberi monumentali sono abbandonati a loro stessi.
Un privato che ha la proprietà di un albero monumentale censito in base ai criteri attuativi della L. 10/2013 non può, giustamente, disporne a proprio piacimento ma deve chiedere il permesso al Comune, ai Carabinieri forestali, alla Regione e al Ministero, tuttavia se l’albero ha dei problemi i costi di manutenzione sono completamente a suo carico, previa l’approvazione degli enti preposti alla “tutela”.
In conclusione, la Roverella è stata potata dei suoi rami per una parte della sua circonferenza, lasciando solo un enorme ramo che infine è crollato sulla macchina del proprietario, parcheggiata proprio lì sotto. Otto mesi prima era stata effettata una “valutazione specialistica”, che appunto ne aveva autorizzato la potatura.
Col senno di poi anche un bambino poteva prevedere che il grosso ramo sarebbe crollato dividendo in due il fusto ed anche un ignorante in materia poteva prevedere che il tronco si sarebbe aperto a metà.
La Roverella aveva bisogno di un aiuto per la sua vita e non di essere manomessa da una potatura discutibile per la “sicurezza” umana.
Dopo la Quercia di Roccamontepiano, abbattuta senza appello grazie a dei “refusi” che ne hanno permesso il taglio nel periodo del lockdown, è necessario attuare strategie concrete di conservazione se non vogliamo continuare a perdere gli alberi monumentali della nostra Regione, conclude la nota.