A cinque anni dal terremoto, non c’è lavoro. Solo una selva intricata di sostegni, indennizzi, aiuti alle imprese, zona franca e progetti da finanziare, ma neanche un po’ di ripresa, di occupazione, di assunzioni e di lavoro nel vero senso della parola. Con sostegni e defiscalizzazioni, hanno aperto piccole imprese: ma quanto reggeranno senza una politica che dia una vocazione alla città? Con il 5% dei fondi della ricostruzione dedicati all’economia, a Roma hanno scelto dei settori sui quali inventarsi qualcosa, i progetti arrivano a fatica, centinaia di milioni rischiano di non essere spesi, come nel progetto smart and start, per cui i 19 milioni di euro disponibili probabilmente non saranno spesi. La nuova programmazione finanziaria Ue promette 20 miliardi di euro per le regioni meno sviluppate come l’Abruzzo, ma non riusciamo a capire come queste risorse saranno collegate concretamente alla ripresa della produttività. Manca il quadro. L’Aquila è stata sempre una città di uffici pubblici e commercio, oltre ad un paio di poli industriali importanti che fortunatamente reggono. Delle 800 attività nel centro storico, solo 22 hanno aperto dopo il sisma, più che riaperto, perché sono soprattutto pub e locali al posto di pelletterie e salumerie, c’erano 1000 attività professionali e 9mila studenti fuori sede, per un’economia di 572milioni di euro complessivi. Di tutte queste attività messe insieme, appena un quarto si è rilocalizzato all’Aquila, e per quello che ne sappiamo, potrebbero tranquillamente essersi trasferite in altre città, non trovando ancora nel capoluogo terremotato una prospettiva di vita vera. L’occupazione è precipitata, crescono le professioni tecniche, i servizi alle imprese e un po’ meno il settore dell’edilizia, come numero di lavoratori occupati, il commercio è ai minimi storici così come il manifatturiero, l’alta tecnologia e l’innovazione che segnano un drammatico segno meno, non c’è più lavoro, come non c’è nell’istruzione, nella sanità e nell’assistenza sociale, lo dice il Cresa. In questo quadro così buio, per cui sapevamo che un terremoto avrebbe distrutto l’economia della città, già in crisi prima del sisma, soprattutto quella dell’Università, non si può continuare ad andare avanti con dati e numeri, con sostegni, indennizzi e zona franca, la città muore e bisogna fare presto, gli aiuti, senza politiche concrete di rilancio, allungheranno solo l’agonia.