27 Mag 22

Politiche culturali, una nuova stagione?

Venti realtà creative e culturali a confronto ne L’Aquila Urban Forum, organizzato dall’Osservatorio Culturale Urbano all’auditorium del Gran Sasso Science Institute. Mettere in luce realtà ‘invisibili’, questo intendono organizzatori, ricercatori e professori del GSSI, per creare una rete di associazioni, professionisti, comitati spontanei e collettivi che operano nell’area aquilana, e poi vedersi periodicamente per fare il punto e sostenere progetti.

Una nuova stagione di politiche culturali basate sull’evidenza empirica, è l’obiettivo di Alessandro Crociata, professore associato del GSSI e direttore dell’Osservatorio Culturale Urbano, voluto dal Comune dell’Aquila con il Gran Sasso Science Institute, per un modello di sviluppo urbano legato alla cultura e alla conoscenza, per il sindaco Biondi, nel comitato d’indirizzo dell’Osservatorio con il dirigente Fabio De Paulis, la ricercatrice Maria Giovanna Brandano, e i professori Alessandra Faggian, pro rettrice GSSI, e appunto Alessandro Crociata, per una produzione di dati e analisi, attraverso l’area Social Sciences del GSSI.

Abbiamo pensato di visitare alcune realtà locali molto attive nella diffusione e creazione di cultura, come ad esempio ‘Teatro Spazio Rimediato’ e ‘Radici Laboratorio’, entrambe nel cuore del centro storico dell’Aquila’, spiegano nella nota gli organizzatori del Forum invitando la cittadinanza a partecipare. Sarà arrivato il momento di fare rete? Riusciremo davvero a misurare anche gli aspetti socio economici del nostro fare cultura?

Alessandro Crociata

Misuriamo il non misurabile, spiega il direttore Alessandro Crociata in un’intervista del GSSI. Se si guarda al prodotto interno lordo, alla creazione di posti di lavoro, allora è meglio aprire un centro commerciale piuttosto che un teatro. Ma se vogliamo calcolare gli effetti positivi indiretti che il consumo di beni culturali ha sulla società, la prospettiva cambia completamente. Cerchiamo di capire l’infungibilità della cultura, cioè quello che un teatro può fare e quello che un centro commerciale non riuscirà mai a fare. Cerchiamo di misurare i benefici indiretti sulla società, l’ipotesi di base è che il consumo di beni culturali crei nell’individuo un’apertura mentale, un effetto che un centro commerciale o un’altra esperienza di consumo non può dare.

E cosa può generare, un’apertura mentale? L’apertura mentale dà luogo a una proattività, spiega il ricercatore, abbiamo visto ad esempio che all’aumentare del consumo culturale migliora la performance dell’individuo in termini di riciclo dei rifiuti. Abbiamo studiato anche quanto il consumo culturale incida sul risparmio energetico domestico, oppure sul maggior utilizzo di mezzi pubblici al posto dell’auto privata. E non ci siamo chiesti: quanta ricchezza crea la cultura? Ma piuttosto: quali sono i problemi che esistono? E qual è l’impatto positivo della cultura su questi problemi?

Peraltro, sostiene Crociata, gli incentivi monetari o vincoli regolamentari per cambiare le abitudini sui mezzi pubblici non sono sostenibili nel lungo periodo. Cosa è invece sostenibile, nel senso che genera una mutazione durevole nei comportamenti individuali? E’ la cultura,  l’accumulazione di esperienze culturali.

In quali ricerche siete impegnati al GSSI? Con uno dei dottorandi che seguono il mio corso di Cultural economics abbiamo avviato una ricerca che lega l’accesso culturale al benessere delle persone. Nel 2015 l’Organizzazione mondiale della Sanità ha misurato quanto l’arte e la cultura possano avere effetti positivi sul benessere psicofisico. E noi in uno studio del 2013 eravamo andati a vedere quale fosse la voce che pesava di più nella spesa pubblica della Sanità italiana. Non era il cancro, ma le cure per stress e depressione. Quindi abbiamo misurato l’impatto che il consumo culturale aveva sui tassi di ospedalizzazione per le patologie depressive, dimostrando che la cultura permette di risparmiare su queste voci di spesa, con effetti macroeconiomici molto interessanti. Quando sostengo il settore culturale non devo farlo pensando a quanti posti di lavoro crea ma anche a quali risparmi posso ottenere in termini di spesa pubblica.

Pierluigi Biondi

La politica vi ascolta? Un po’ più che in passato. Posso fare un esempio pratico: ho partecipato alla stesura del dossier per la candidatura dell’Aquila a Capitale italiana della Cultura. E il lavoro fatto si basa proprio sui pilastri dell’economia culturale di cui abbiamo parlato finora. Il problema del covid è che ha tolto alla cultura quell’elemento fisico di partecipazione che è un po’ la sostanza del consumo culturale e qui entra in gioco la digitalizzazione delle esperienze: il settore culturale deve affrontare questo tema, non siamo più nel 1967, agli inizi dell’economia della cultura. Oggi la tecnologia può portare a un aumento della produttività culturale. Tuttavia il capitale umano del settore culturale ha bisogno di un upgrading, per capire quali possono essere le opportunità date dalla digitalizzazione e in generale dalla tecnologia. E vanno studiate le nuove forme di relazione che si possono attivare con il proprio pubblico attraverso questi strumenti. Non è semplice, ma è il bello del ragionamento.

E’ il primo Osservatorio Culturale Urbano d’Italia, istituito nella città dell’Aquila grazie all’importante sinergia tra il Comune e il Gran Sasso Science Institute, recensiva AgCult qualche tempo fa.

L’obiettivo è quello di proseguire su una traiettoria già indicata dall’Ocse nel rapporto sul capoluogo d’Abruzzo, redatto per delineare gli scenari di sviluppo post sisma, e contenuta nel dossier di candidatura dell’Aquila a Capitale italiana della Cultura per il 2022: costruire un modello di sviluppo urbano legato alla cultura e alla conoscenza,
argomentava il sindaco Biondi. L’Aquila è, in questo senso, un laboratorio unico per contemperare capacità di rinascita fisica e immateriale, dove i due elementi non sono disgiunti, ma si compenetrano e danno le risposte che cerchiamo in termini di vivibilità e benessere. Abbiamo talmente creduto nel nostro dossier, da volerlo vedere realizzato a tutti i costi perché L’Aquila è una Capitale della Cultura e in questo si riconosce e sperimenta. 

 

Nella foto MAXXI L’Aquila, festival Internazionale PERFORMATIVE.02