Il punto resta quello di partenza, usare la massima attenzione nel prevenire il contagio e tracciare i contatti, ma per Andrea Crisanti, epidemiologo veneto, i conti non tornano.
Sui 7.500 contagiati registrati ieri, come mai vanno in isolamento meno di 5mila persone? Vi pare un contact tracing questo? Si chiede in un’intervista a Il Messaggero. Per Crisanti non è l’andamento giornaliero dei positivi a dettare la linea, ma un contact tracing che funzioni, almeno è questa, la strategia difensiva scelta dal Paese.
In media una persona viene in contatto con 15/20 persone negli ultimi 5 giorni, spiega, ciò significa che se il sistema di contact funzionasse, sui 7.500 casi positivi avremmo dovuto mettere in isolamento 150mila persone invece ne abbiamo isolate circa 5mila, significa che abbiamo lasciato andare ovunque il 95% dei contatti. E’ tutto un sistema che non funziona, aggiunge, mancano le persone, le competenze e la possibilità di fare tamponi in sorveglianza attiva. Serviva un Piano nazionale. Il sistema del tracciamento è fuori controllo, è inesistente, è al collasso. Quindi che bisogna fare? L’unico modo per interrompere l’epidemia sono le restrizioni, bisognerà capire se funzioneranno quelle appena adottate, e uno stop di almeno tre settimane, per Crisanti, prevedibile per le feste di Natale.
Ieri 7.332 contagiati contro i 5.901 del giorno precedente.
Abbiamo superato anche il picco massimo del contagio del 21 marzo scorso, quando i casi in un giorno furono 6.557 con 793 morti, ieri 43 decessi, 41 il giorno prima, per un’età media di 42 anni contro gli 80 del lockdown.
152mila tamponi, 40mila in più del giorno prima, contro i 25mila336 del 21 marzo scorso. Una bella differenza, con un’incidenza dei tamponi positivi del 4.81%, contro il 25.88% di marzo.
539 ricoveri in terapia intensiva contro i 2.857 di marzo.
Potremmo avere una crescita esponenziale dei contagi, con un sistema sanitario nazionale al limite, ma dovremmo considerare un dato, l’unico probabilmente significativo, e cioè il rapporto positivi/tamponi che due giorni fa era del 5.2%, ieri del 4.8%, e oggi con un incremento di 8.804 casi positivi per 162mila 932 tamponi, è del 5.4%. Mentre in Abruzzo, oggi, con 203 positivi su 3.222 tamponi, siamo al 6.3%.
Sicuramente aiuterebbe avere il dato certo della nostra città, delle altre città, quanti casi in isolamento sui nuovi contagiati e tutto quanto possa essere utile al cittadino per capire davvero ciò che accade senza dover rincorrere tutta questa mole di numeri, per certi versi, sparati semplicemente nell’etere.
Speriamo che il sistema sanitario sia in grado di reggere l’urto, così il primario delle malattie infettive al San Salvatore, Alessandro Grimaldi, sul boom di contagi nel capoluogo di Regione. 25 contagi in più ieri, 27 oggi, martedì erano 32, lunedì 17, mentre il presidente della Regione Abruzzo ha vietato con un’ordinanza le visite ad anziani nelle Residenze sanitarie assistite. Tra i nuovi casi positivi tanti giovani, ha osservato Grimaldi.
Speriamo regga la medicina territoriale, nient’affatto rafforzata in questi mesi e speriamo non serva tanta terapia intensiva. La soglia di sicurezza fissata dal Governo, con 1mld 300 mln di euro stanziati nel decreto Rilancio per potenziare i reparti, è 14 posti ogni 100mila abitanti, ma secondo IlSole24ore solo Veneto (16.8), Valle d’Aosta (15.9) e Friuli Venezia Giulia (14.4) superano la soglia. Le altre Regioni sono indietro, con la Campania che ha 7.3 letti/100mila ab., seguita da Umbria (7.9), Piemonte (8.4) e Marche (8.3). Lazio, Emilia e Toscana sono rispettivamente a 12.7, 11.5, e 11.1, la Lombardia (9.8), pronta a riaprire l’ospedale già allestito in Fiera; Trento e Puglia, 9.4 e 9.0, Abruzzo 10, siamo sotto di quattro posti. Superano i dieci posti, ma non raggiungono la soglia le altre Regioni. Il problema è che le terapie intensive servono anche per altre emergenze e comunque manca personale specializzato, la medicina territoriale non ne può più e il rischio, lo sappiamo però da marzo, è il collasso dell’intero sistema.