Ai primi di giugno si è tenuta la Conferenza sui cambiamenti climatici di Bonn, con gli organi sussidiari dell’Unfccc, la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Un confronto tra le parti dopo la Conferenza sul clima dello scorso novembre a Sharm el-Sheikh, per un approfondimento sui risultati ottenuti nel corso della Cop27 in vista della Cop28, prevista tra la fine di novembre e la metà di dicembre negli Emirati Arabi Uniti.
L’ultimo rapporto di sintesi dell’Ipcc ha sottolineato l’urgenza di un’azione rapida nella riduzione delle emissioni di gas serra. Dall’era preindustriale la temperatura superficiale globale si è surriscaldata di 1,1°C, avvicinandosi pericolosamente alla soglia di sicurezza dei +1,5°C individuata dall’Accordo sul clima di Parigi. Le ricadute in termini di minaccia per il benessere umano e la salute del pianeta sono già evidenti, come mostra la frequenza ed intensità di eventi estremi, come l’alluvione che si è recentemente abbattuta in Emilia-Romagna dopo lunghi mesi di siccità. Senza un ulteriore abbattimento le emissioni di CO2 supererebbero già oggi il budget di carbonio rimanente di 1,5°C, mentre le scelte e le azioni messe in atto fino al 2030 avranno impatti per migliaia di anni.
Il 19 giugno, l’Organizzazione meteorologica mondiale e il Copernicus Climate Change Service hanno pubblicato l’ultimo ‘Rapporto sullo Stato del Clima in Europa’. L’Europa si posiziona al primo posto per quanto riguarda il riscaldamento, con un tasso di aumento della temperatura che è il doppio rispetto alla media globale a partire dagli anni ’80.
Le sessioni di Bonn anticipano la Cop28, rileva Sultan Al Jaber (nella foto), presidente designato della Conferenza Onu, che si terrà negli Emirati Arabi Uniti, che basano la propria economia proprio sulle fonti fossili, è infatti amministratore delegato della compagnia petrolifera Abu Dhabi National Oil Corporation. Garantiremo una presidenza equa, inclusiva e trasparente che offra spazio a tutte le parti per raggiungere il consenso sull’intera agenda. Ciò include rendere i finanziamenti per il clima più disponibili, accessibili e convenienti; raddoppiare i finanziamenti per l’adattamento, rendere operativo il fondo per perdite e danni, triplicare la capacità globale di energia rinnovabile entro il 2030 e mettere i giovani, la natura e la salute al centro del progresso climatico.
Entro la fine dell’anno la definizione di un inventario globale permetterà agli Stati di tutto il mondo di tracciare – per la prima volta dall’Accordo di Parigi – un bilancio collettivo dei progressi realmente compiuti verso gli obiettivi sottoscritti nell’Accordo stesso, ancora oggi ingorati. Ma crisi climatica vuol dire anche opportunità di sviluppo sostenibile, le parti hanno così concordato collettivamente di creare un programma di lavoro sui percorsi di transizione.
Nell’ultimo anno il nostro Paese ha emesso 418 Mton di CO2eq, un dato che dal 2014 è diminuito di sole 2 Mton all’anno nonostante pandemia e crisi economiche. Questo significa che per rispettare l’Accordo di Parigi il ritmo di riduzione delle emissioni dovrebbe accelerare di sette volte, rilevano associazioni ambientaliste. Quest’esigenza offre l’opportunità di ristrutturare la nostra economia, puntando sullo sviluppo delle fonti rinnovabili che permettono di aumentare la sicurezza energetica e di contenere i costi in bolletta. Ma anche occorre accelerare, per rispettare i target al 2030 indicati dall’iniziativa REPowerEU, l’Italia è chiamata a installare almeno 85 GW di nuovi impianti rinnovabili nel corso di questo decennio, ovvero circa 10 GW ogni anno. In attesa di una politica industriale efficace e di una reale semplificazione dei processi autorizzativi, nel 2022 si è però fermata a soli 3 GW, mentre la Francia ne ha installati 5, la Spagna 6 e la Germania 11. La crisi climatica non aspetta e neanche i nostri competitor industriali.