Le emissioni di gas serra in Italia nel 2021 hanno ripreso a crescere, si stima del 6%. Nel 2020 gli eventi estremi connessi al clima nel nostro Paese sono stati quasi 1.300, mentre nel 2011 erano meno di 400. Lo ha rivelato la Relazione annuale del Consiglio nazionale della green economy, che raccoglie le associazioni di impresa del settore, presentata agli Stati generali della green economy, alla fiera Ecomondo a Rimini.
Secondo la Relazione, per recepire i nuovi obiettivi europei (-55% di emissioni al 2030), l’Italia dovrebbe tagliare le proprie emissioni del 26,2% nei prossimi 10 anni, riducendole del 2,6% all’anno.
La transizione verso l’energia green è fondamentale ma bisognerà fare i conti anche con la transizione digitale il cui impatto è molto pesante, pari all’8% a livello mondiale, secondo l’Onu, e destinato ad aumentare tra le nuove abitudini e lo smart working.
Un solo server produce in un anno da 1 a 5 tonnellate di CO2 equivalente, e ogni gigabyte scambiato su internet emette da 28 a 63 grammi di CO2 equivalente. Sarebbero emissioni compensate dal fatto che ci si sposterebbe di meno e da un’innovata efficienza energetica ma comunque dovrebbero essere annullate. Ci riusciremo anche volendo?
Secondo lo studio ‘European Governance of the Energy Transition’, con il passo attuale, il target europeo di riduzione del 55% dei gas serra in Italia, per azzerarlo nel 2050, sarebbe raggiunto nel 2059 e quello per le energie rinnovabili al 40% nel 2054, con 29 e 24 anni di ritardo.
Servirebbe una vera svolta concreta per passare dal calo medio annuo di circa l’1% delle sue emissioni di gas serra degli ultimi 30 anni al 2.6% medio richiesto per il prossimo decennio fino al 2030.
Lo scenario è pesante. Già quest’anno ci stiamo rimangiando gran parte del calo del 9.8% delle emissioni di CO2 e altri gas a seguito del lockdown. Nel 2021, con la ripresa, si stima appunto che toccheremo un +6% di emissioni complessive. Una brutta svolta.
Oggi emettiamo 40 miliardi di tonnellate di gas serra all’anno nel mondo e siamo sulla traiettoria di un aumento medio della temperatura di 3,3 gradi centigradi rispetto ai livelli del 1880, rimarca lo scienziato Sandro Fuzzi, dell’Isac Cnr. L’ultima volta che la Terra ha sperimentato una concentrazione così alta di Co2 è stata 3-5 milioni di anni fa, quando la temperatura era di 2-3 gradi più calda e il livello del mare era di 10-20 metri più alto di adesso. E non c’erano quasi 8 miliardi di persone, per il segretario generale dell’Organizzazione mondiale della meteorologia, Agenzia dell’Onu, il finlandese Petteri Taalas.
Tutti i più importanti indicatori del sistema climatico, atmosfera, oceani, ghiacci, stanno cambiando a una velocità mai osservata negli ultimi secoli e millenni, alcuni fenomeni già in atto sono irreversibili come l’innalzamento dei mari, che è avvenuto a una velocità mai vista negli ultimi 3mila anni, ci sarebbe ancora uno spazio per invertire la rotta e fermare il global warming.
Ma Cina e India vogliono crescere esattamente come hanno fatto le più grandi potenze industriali nel secolo scorso, difficile strappare un impegno.
Dal patto per il clima siglato al G20 a Roma restano delusi gli ambientalisti. Mancano impegni concreti, a partire dalla finanza climatica, l’auspicio è che a Glasgow, dove si è aperta la Cop26, i grandi del Pianeta riescano a trovare un’intesa per arrivare a un nuovo e ambizioso accordo per clima in grado di mantenere vivo l’obiettivo di 1.5° dell’Accordo di Parigi, ma anche per accelerare l’adattamento ai cambiamenti climatici, far fronte alle perdite e ai danni delle comunità più colpite dall’emergenza e soprattutto finanziare adeguatamente l’azione dei paesi poveri e completare il Rulebook, ossia le norme attuative dell’Accordo di Parigi, per renderlo finalmente operativo.
Per contenere il surriscaldamento del pianeta entro la soglia critica di 1.5°, rimarca Stefano Ciafani presidente Legambiente, gli anni da qui al 2030 saranno cruciali. In particolare è necessario che l’azione climatica dei governi sia così ambiziosa da consentire una riduzione del 55% delle attuali emissioni al 2030. Una sfida che possiamo e dobbiamo vincere a partire dalla Cop26 di Glasgow. L’Italia dia il buon esempio rispettando gli impegni e gli aiuti promessi. Al Presidente del consiglio Mario Draghi chiediamo che l’Italia a Glasgow si impegni a colmare, entro la fine di quest’anno, il miliardo di euro ancora mancante rispetto ai 4 miliardi di dollari promessi a Parigi per il periodo 2015-2020 e a mobilitare almeno 3 miliardi di euro l’anno, a partire dal prossimo, per garantire la “sua giusta quota” dell’impegno collettivo di 100 miliardi di dollari. Le risorse necessarie possono essere reperite facilmente attraverso il taglio dei sussidi alle fonti fossili, un intervento su cui il Governo Draghi deve dimostrare più coraggio inserendolo nella legge di bilancio in discussione. Sarà poi fondamentale aggiornare al più presto il suo Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) per garantire una riduzione delle nostre emissioni climalteranti di almeno il 65% entro il 2030, andando ben oltre l’obiettivo del 51% previsto dal PNRR e confermando il phase-out del carbone entro il 2025 senza ricorrere a nuove centrali a gas.