Da un sindaco di una città capoluogo di Regione, per la prima volta nella storia distrutta da un terremoto devastante, che ha spazzato via il quinto centro storico in Italia per patrimonio tutelato e vincolato, ci saremmo aspettati di più, di un semplice allineamento a quello che altri colleghi, di altre città italiane, stanno facendo nei loro centri storici vivi. E cioè la chiusura al traffico e tutto quello che ne consegue. Stamattina a Radio anch’io, su Radiounorai, avremmo voluto essere fieri di raccontare dei progetti futuri per la città nuova, L’Aquila, con un centro storico studiato per offrire il meglio agli uffici, al commercio, ai residenti, con lo smog ridotto al minimo, mezzi elettrificati, parcheggi studiati al dettaglio, risparmi energetici e progetti innovativi sulla rivoluzione degli spazi lavorativi, con un nuovo quotidiano, da far sperimentare alla pubblica amministrazione, tanto per cominciare. Non stiamo lavorando a niente del genere, neanche un’idea, da affiancare a qualche bel progetto di restauro. Niente. L’Aquila di giorno vive con i cantieri e le maestranze, quei pochi cittadini che la attraversano vorrebbero sperare in qualcosa di più, dopo cinque anni, vive con i bar, il ristoro e le mense, dopo le cinque il nulla, e poi all’imbrunire le serate universitarie di pub e locali in centro, alcuni dei quali con la musica a palla, del tutto fuori luogo, e non è escluso che qualche puntello ceda. Ma questo è un altro discorso, per Cialente i pub, i giovani, la sera, le tazze ed il ritorno in centro della sua Giunta, in comodato gratuito a Palazzo Fibbioni di proprietà dei Rivera, i fondatori dell’Università dell’Aquila, sono segnali di rinascita vera, dopodiché, una volta riappropriati delle nicchiette, già imbrattate, delle colonne e dei vicoli, con il centro pedonalizzato, ritroveremo una città più bella di prima. Tutto qua. Tutto quello che avremmo potuto provare ad essere, viene compresso nella testa di un sindaco, che veicola agli italiani il ricordo del figlio che gli dice di non voler stare nei centri commerciali e del padre anziano che insiste nel non mollare il centro. Bellissimo, per carità. Troppo poco per il quinto centro storico d’Italia che vorrebbe farcela, gli italiani ci guardano e di certo non potranno credere che i miliardi che L’Aquila continua a spendere da cinque anni a questa parte, servano a così poco.