Mentre L’Aquila fa i conti con la storia e la geografia cangiante della propria città, Cialente inscena un rientro trionfale. Riunione di maggioranza, maggioranza preoccupata, Massimo ti preghiamo devi tornare, ne va della debolezza della città, più resti lontano, più ci fanno a pezzi, guarda i quotidiani di oggi. Quelli nazionali. Facile, le ragioni le hanno messe su, non resta che aspettare qualche giorno ancora, conferenza stampa tra 48 ore al massimo, poi dentro di nuovo. Come nel 2011, per salvare la città dagli affari, dagli sciacalli, dal business, da una stampa infingarda, ma quale cognata che ha preso 400mila euro, per una casa con mutuo da 180mila euro, pagato pure dallo Stato, ma quali inciuci, gli indagati e gli arrestati non è gente di partito, il sindaco non c’entra nulla, anzi, tutte quelle verità sparate da IlSole24 ore sabato scorso, non hanno che un mandante, anzi più mandanti, tra i poteri forti romani che vogliono cancellare L’Aquila, influenzati, da qualcuno in loco. Dunque non è più la politica aquilana, ad avere la benedizione del Vaticano, del Viminale, di Palazzo Chigi e del Consiglio Superiore della Magistratura, per qualsiasi decisione prende, così come ragionato dal più importante quotidiano economico e finanziario d’Italia, ma è Roma, deviata, a volerli far fuori. Avranno parlato pure con Trigilia, il nemico pubblico numero uno di questa martoriata città, e insieme, vorrebbero farli scomparire, questo vogliono, Massimo, secondo il suo apparato, deve tornare per forza. Tornerà. S’era messo da parte per il bene della città, era stata gravissima, all’indomani degli arresti, proprio la bocciatura da parte del Governo che con Trigilia gli aveva recapitato un messaggio chiaro: non vi diamo più fondi, Cialente si sentiva delegittimato fino a qualche giorno fa per cui o Roma si scusava, oppure ciao, ho chiuso con la politica, dichiarava ai cronisti due domeniche fa. Forse avrei dovuto darmi fuoco anch’io ha poi dovuto dire, all’indomani della protesta disperata e clamorosa di Celso Cioni della Confcommercio, che s’era barricato nella sede della Banca d’Italia minacciando di darsi fuoco per difendere le ragioni dei piccoli imprenditori, dimenticando, il Sindaco, di essersi già dimesso un’altra volta, per finta, eravamo al primo mandato.