Il centro storico dell’Aquila e anche quelli delle frazioni, li avremmo voluti come prima, anzi più belli di prima. Ma le regole urbanistiche per riqualificarli in questo senso non sono state cambiate, c’è stata la corsa alla demolizione, ad un certo punto l’amministrazione ha perso anche il controllo su quanto accadeva, hanno demolito di tutto, e per questo, oggi, è stato bloccato tutto. Soprattutto nel cuore antico dell’Aquila, non si può demolire più nulla, in particolar modo le costruzioni in pietra, a meno di non rifarle esattamente com’erano, solo nel caso in cui siano pericolanti, ci siano stati dei crolli superiori al 25%, o per problemi di staticità da certificare con perizia, si potrà demolire ma lo deciderà il Consiglio comunale di volta in volta. E voterà se sia il caso, di volta in volta, ricostruire un edificio fatto male, con una sagoma brutta, magari a sette piani dietro la chiesa di San Pietro e nel caso, che tipo di ricostruzione permettere. Sono questi i paletti che il Comune dell’Aquila sta cercando per controllare il cuore della città. Sono passati trent’anni, da quando il sovrintendente Mancini provò a mettere il vincolo paesaggistico sul centro storico, in quel modo non ci sarebbe stata l’urbanistica selvaggia che ha imbarbarito L’Aquila in questi decenni, ma un ricorso al tar, degli interessi edilizi di allora, sì, proprio un ricorso vinto al tar da chi aveva mire speculative, bloccò il vincolo e diede il via libera alla brutta città che vediamo. Nonostante la distruzione. Perché a fianco delle belle murature trecentesche, spiccano palazzoni a sei sette piani che pure, oggi, vorrebbero rifare come prima. Negli ambienti della Sovrintendenze ci raccontano che anche Maggi, subito dopo il sisma tentò di nuovo il vincolo, fin da quando nelle periferie cominciarono a fiorire tinteggiature gialle, verdi e viola, svilendo i colori beige e caratteristici delle murature dei borghi di montagna. In quel caso fu Fontana, consulente della struttura commissariale ad opporsi, il suo ragionamento urbanistico avrebbe voluto solo dividere L’Aquila in quattro parti, e con quattro mega appalti a quattro mega ditte, l’avrebbe spartita per la riqualificazione. Gli aquilani pagano oggi sulla loro pelle la difficoltà di non aver potuto pensare una città più bella da subito, oggi le regole si rincorrono, bisogna fare in fretta, non c’è più tempo da perdere per pensare, si riqualifica dove si può. Ognuno per la propria strada, giusto il controllo sulle demolizioni libere, e che il paesaggio non sia troppo deturpato. Senza un’idea di città.