L’Aquila si sta riempiendo di localetti, ritrova la sua anima e in giro si sta bene. Basta però andare per alcuni vicoli e strade del centro e la musica cambia. Non per chi cerca di attrezzare il proprio angoletto come meglio può per lavorare in regola e all’aperto (nella foto), cambia per chi apre baretti che non c’entrano niente con la città, ma basta passarci vicino in qualche bella serata, per sorprendersi ad accelerare il passo sperando di sbucare presto su piazza Palazzo o su via Sallustio, per ritrovare gente tranquilla. Magari brilla, magari in vena di fare festa o che abbandona la birretta all’angolo della strada, sempre gente tranquilla resta.
Parliamo di un’altra storia. Parliamo del fatto di attraversare di corsa una via perché è la cosa migliore da fare, come può accadere nelle zone interne, buie e poco frequentate di una grande metropoli, dove improvvisamente finisce il vociare della movida del centro, quella della gente ben vestita, quella degli assembramenti tanto siamo vaccinati sfoghiamoci, quella di chi spara le ultime cartucce in cima alla Fontana Luminosa o si perde su via Garibaldi, al Duomo con tanti amici che hanno riaperto e pure all’ex Prefettura con il coraggio di Gabriele, che prova a ripartire guardando i ruderi di San Marco, ecco finisce quel vociare e si scopre uno spaccato diverso, che mostra una città cambiata, 12 anni dopo il sisma e 1 buono di pandemia, qualcuno è arrivato, tanti li annusi a distanza, gente che è meglio evitare, che è meglio perché altrimenti ci scappa la rissa e allora meglio tirare dritto perché L’Aquila non è più quella di prima, facili le coltellate in certi ambiti.
Piccole porzioni di città e del centro storico cominciano ad essere occupate da chi sarebbe meglio andasse altrove.
L’Aquila ha di buono l’aria, la qualità della vita, la bella socialità ogni giorno della settimana, è infatti tra le rare città italiane, piccole o grandi non importa, che in qualunque giorno della settimana vai a farti un giro di sera c’è sempre un po’ di musica, localetti attivi, qualche amico o conoscente che si ferma a farsi una chiacchiera, perché nonostante tutto non ha perso la vocazione della città universitaria, oggi con i ricercatori del GSSI o con professionisti che si appassionano subito, appena la vivono, com’è accaduto nei decenni scorsi per qualsiasi universitario l’abbia attraversata e se n’è innamorato.
Un dono diventato presto integrazione con ogni giovane che è passato per le nostre case, vicoli e piazzette perché poi superato quel primo scoglio di rudezza, siamo il top dell’accoglienza, delle nottate belle e della convivialità, dalla cantina al locale snob.
L’Aquila cambia ogni giorno, lo sapevamo, gli odori mediorientali che inondano il corso principale hanno già contaminato la comunità, messo in discussione la sua staticità e non si lamenta nessuno, ma alcune realtà che si stanno insinuando senza troppi clamori, in silenzio, su alcune vie, quelle meno battute, potrebbero davvero promettere niente di buono per il futuro.