L’industria dovrebbe ripartire all’Aquila con la Accord Phoenix srl, una società costituita nel 2012, da due società ltd, l’una con sede a Cipro e l’altra a Londra, un capitale sociale di 2.500 euro versato ed un piano economico, presentato al Ministero per lo Sviluppo Economico nel 2013, per poter avere 20milioni di euro dei fondi destinati alla ripresa post sisma. Ravi Shankar, finanziare indiano, è a capo del cda, con i due consiglieri Pezzoni, commercialista di Milano, coinvolto in vicende giudiziarie di aggiotaggio sull’Alitalia, e Baldarelli, uomo di partito, incappato anche lui in questioni poco chiare. Scopo della società fare un impianto che lavori scarti elettronici, 35mila tonnellate di rottami l’anno, come fossero cento tir al mese, da trasformare in lingotti di stagno, zinco ed altri materiali non ferrosi da vendere sul mercato per un fatturato previsto di 33milioni 650mila euro l’anno, più gli introiti dell’energia elettrica prodotta, in 7 mega watt, da mettere in rete. Un disegno per salvare il polo elettronico, i cui lavoratori sono in cassa integrazione da decenni, 134 assunzioni subito, 160 a regime, questa la ricetta da non farsi sfuggire, secondo gli amministratori locali, per la ripresa. La società non ha alcuna garanzia di poter reggere, non ha alcuna esperienza in fatto di produzioni industriali, e basa il proprio piano economico, da 76milioni di euro circa, su sostegni di Stato, i 20milioni chiesti, più un 50milioni di debito, da reperire con prestiti bancari a medio e lungo termine per i quali manca ancora una fideiussione di ferro. Invitalia, la partecipata di Stato che per conto del Ministero decide se finanziare o no i progetti, gli ha scritto qualche giorno fa per avere più certezze, vogliono sapere di quanti capitali concreti dispone la Accord, in caso di necessità finanziarie, e quale know how porteranno, cioè quali competenze, visto che Shankar ha chiesto circa 7milioni di euro, compresi sempre nella proposta, che sarebbe il suo know how digitale, ha pure dichiarato di aver sostenuto 5milioni di euro di spese, solo per capire la fattibilità tecnica e legale in loco, del futuro insediamento. Se entro giugno non convinceranno Roma, la partita sarà persa. Una partita a cui tiene in particolar modo il Pd nazionale, e a cui tengono parecchio i lavoratori dell’ex polo elettronico, ai quali interessa poco, che la proposta di sviluppo non abbia alcuna garanzia di riuscita, sembra infatti il solito copione, prenderanno i fondi dello Stato, perché la politica è dalla loro e poi toglieranno le tende e si ricomincerà da capo, con la cassa integrazione se ci sarà ancora e la disoccupazione che galoppa.