Chi sa se nella prossima pianificazione ci sarà posto per il Piano del Verde Urbano. Una legge che arriva tardi, nel 2013, le cui linee guida sono state tracciate giusto un anno fa, e se ne comincia a discutere da poco, come nella Conferenza programmatica di qualche giorno fa a Novara, dove si è cominciato a parlare di infrastrutture verdi e foreste urbane, ma non siamo che agli inizi. Il verde messo a caso in questi decenni di speculazione urbanistica e di città cresciute senza armonia, con palazzine gigantesche innescate nei cuori in pietra di borghi trecenteschi ed oltre. Come L’Aquila, che in più ha subìto il terremoto nel 2009. Non ha avuto un Piano di Ricostruzione, ha il Piano regolatore vecchio di 45 anni e dovrà ora, con l’input dell’assessore alla pianificazione Luigi D’Eramo, ricucire e sintetizzare i lavori urbanistici del passato ventennio, dieci anni di centro destra e dieci di centro sinistra che hanno prodotto rispettivamente il Piano regolatore di Francesco Karrer e quello di Daniele Iacovone. Qui c’è da riqualificare e ristrutturare, capire dove reinsediare le scuole, gli uffici e gli esercizi commerciali, far rivivere i quartieri del centro e le periferie, mettere in rete i nuclei industriali e fare del vecchio borgo chiuso, qual è L’Aquila nel suo intimo, una città territorio, capace di concorrere con la grande Pescara e di generare politiche e fiscalità condivise, come spiega D’Eramo, con gli amministratori delle zone limitrofe. Creare sviluppo ed armonia insomma, superando le vecchie logiche edificatorie di tot mq. per abitante, abbiamo già case per 50mila abitanti in più, lo previde l’Ocse e l’amministrazione ne ha quasi 5mila, cedute da privati in cambio di scelte altrove e che dovrà mettere a frutto, oltre agli alloggi del Progetto case e map. Quindi a breve un bando, per reperire esperti di urbanismi innovativi da produrre entro un trimestre. Abbiamo a che fare con un territorio vastissimo, ma montano, distante negli asfalti e nelle anime che dialoga a fatica e nel primo cerchio, ancor prima degli altri territori, le 59 frazioni che rivogliono le stesse case disabitate di prima. E come sarà possibile calare su tutto questo le rivoluzioni pianificatorie dell’Europa del nord, avanti a noi di trent’anni, è difficile dirlo.