Il Consiglio Territoriale di Partecipazione di Coppito, Pettino, Cansatessa e San Vittorino con Italia Nostra, Archeoclub, Pronatura, Legambiente, Stazione Ornitologica Abruzzese ed il Circolo ricreativo San Vittorino Amiterno dicono no, alle nuove strade che farà l’Anas senza consultare i territori e senza rapportarsi con i progetti delle amministrazioni locali come ad esempio lo spostamento del casello L’Aquila Ovest della A24, fuori dall’area urbanizzata. Sono il “Corridoio trasversale e dorsale appenninica. Itinerario Rieti L’Aquila Navelli. Statale 17 dell’Appennino abruzzese”, più noto come Variante Sud alla Statale 17. I “Lavori di collegamento tra la Statale 80 in località Coppito con la Statale 17 in località Centi Colella” ed i “Lavori di miglioramento delle condizioni di sicurezza mediante realizzazione di un nuovo svincolo con la Statale 260 e la Statale 80 in località Cermone”. Tutti i progetti hanno ricevuto ferme opposizioni da associazioni e cittadini, scrivono gli attivisti in una nota, a dimostrazione che interventi calati con forza e senza consultazione pubblica generano solo malcontento e resistenze. Senza capire se rispondono ai fabbisogni reali, come impattano il sistema ecologico, le reali esigenze di tutela, conservazione e valorizzazione del contesto come il paesaggio agrario e senza avvertire la necessità di salvaguardare i corridoi ecologici esistenti e le aree di interesse archeologico. I dettagli.
Avifauna nella zona umida del Vetoio
Sui “Lavori di collegamento tra la Statale 80 a Coppito con la Statale 17 verso Centi Colella”, la strada progettata attraversa un’area delicatissima per gli impatti ambientali e sociali che determinerà nella zona del Vetoio, passando peraltro in aderenza all’Ospedale regionale San Salvatore.
Il Lago di Vetoio e l’area ad esso circostante fino a ricomprendere il fiume Aterno rappresentano, nonostante la pressione antropica degli ultimi anni, un’importantissima zona umida al centro dell’area urbanizzata della città dell’Aquila. L’area umida tra il fiume ed il lago consente la presenza di numerosa avifauna svernante e di passo, lungo le sponde del lago e del fiume Vetoio sono presenti molti tratti di vegetazione interessanti sotto il profilo floristico e biogeografico. L’opera rappresenta un elemento di cesura e separazione ed elimina qualsiasi collegamento tra la zona umida del fiume Aterno ed il lago ed il fiume Vetoio, praticamente occlude il corridoio ecologico e questo è un danno rilevante per la fauna e la flora, mentre la lista delle specie segnalata e certificata da studi ornitologici raggiunge il ragguardevole numero di 186, con alcune specie in lista rossa a rischio estinzione.
L’Aterno nel tratto di corso periurbano presenta ancora dei punti ben conservati che potrebbero essere valorizzati in una visione più evoluta del sistema fiume. Numerosi studi e pubblicazioni scientifiche di ricercatori dell’Università dell’Aquila e di altri atenei certificano e testimoniano il grande interesse ecologico e pur nella sua relativamente piccola estensione rappresenta un ecosistema complesso ed un notevole serbatoio di biodiversità in un contesto di area urbana così pesantemente impattata dall’antropizzazione precedente e conseguente il sisma del 2009. La relativa estensione dell’area contenuta entro un contesto urbano ne fanno un luogo ancor più interessante, un bene comune della città meritevole di azione di tutela, conservazione e valorizzazione da parte di amministrazioni illuminate. Sono peraltro vigenti provvedimenti di tutela del paesaggio agrario, costruito dal sistema dei filari e delle siepi, come il Piano Regionale Paesistico ed il Piano Speciale Territoriale di Colle Macchione che indicano l’area dove passa, per circa due terzi, la strada in progetto di cui si tratta, in zona A1, a conservazione integrale, dov’è fatto esplicito divieto della realizzazione di strade; ed A2, a conservazione parziale. Sull’area insiste anche la tutela prevista dall’articolo 142 del d.lgs. 42/2004 per i fiumi ed i laghi.
La strada in progetto fronteggia l’Ospedale regionale San Salvatore e passerà a pochi metri da esso. La fase di cantiere con i rumori e le polveri ed ancor di più con il traffico aggiunto a quello dei fruitori della struttura, creerà inquinamento acustico ed atmosferico. Per l’inquinamento acustico il sistema legislativo nazionale italiano definisce aree particolarmente protette le porzioni di territorio ove sono presenti ospedali, cliniche, case di cura e strutture ad esse assimilabili e a tal riguardo sono previsti per tali aree, livelli massimi di immissione di rumore particolarmente severi. Lo stesso ragionamento va fatto per l’inquinamento atmosferico particolarmente dannoso per la salute.
L’area inoltre presenta un elevato rischio archeologico. In passato in occasione della realizzazione della rotatoria che porta all’Ospedale furono rinvenuti materiali di epoca romana e tardo-antica, oltre ad alcune sepolture che fanno pensare al passaggio in epoca romana di un’importante via di collegamento. Sempre nella zona si trova un’interessante struttura conosciuta come tempietto di Feronia, si tratta di un monumento funerario di epoca imperiale con ampio spazio interno articolato in un corridoio centrale e in bracci laterali con nicchie decorate da conchiglie, molto ben conservato, che trova evidenti confronti con i sepolcri della via Appia e della via Flaminia, ed oggetto di pubblicazione su diverse riviste nazionali. Trattandosi di opera pubblica il progetto preliminare deve essere presentato dalla stazione appaltante, in questo caso l’Anas, alla Soprintendenza, unitamente ad uno studio di fattibilità che serve a verificare il grado di rischio e impatto archeologico derivante dalla realizzazione dell’opera. Successivamente a tale fase preliminare il Soprintendente decide, sulla base delle risultanze dello studio di fattibilità redatto da un archeologo che sia anche dottore di ricerca o da un dipartimento universitario, facoltà di Archeologia, di sottoporre o meno l’opera a verifica archeologica preventiva. La realizzazione di un’opera in una zona a forte rischio archeologico potrebbe comportare la necessità di effettuare varianti in corso d’opera con oneri aggiuntivi per la stazione appaltante. Questa procedura è obbligatoria per legge secondo quanto disposto dall’art. 28 c. 4 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (d.lgs. 42/2004) e dal nuovo Codice dei Lavori Pubblici (art. 25 d.lgs 50/2016 che ha sostituito gli art. 95 e 96 del d.lgs. 163/2006).
L’attuale progetto definitivo Anas non ha rispettato l’iter obbligatorio per legge, limitandosi invece, a poche considerazioni riguardanti la storica Cartiera del Vetoio. Su questo progetto si è espressa negativamente anche la Provincia dell’Aquila che ha chiesto prioritariamente, una ridefinizione della lottizzazione Lenze di Coppito. Si ritiene che anche le eventuali alternative non siano state sufficientemente indagate così come l’opzione zero prevista dalle norme.
Variante sull’area Archeologica di Amiternum
Lo hanno chiamato Parco Archeologico di Amiternum e lo hanno dedicato a Thomas Ashby, archeologo e fotografo che frequentò questi luoghi all’inizio del novecento, ma più che ad un parco l’area archeologica, soggetta a continue pressioni antropiche, assomiglia sempre più ad un recinto, circondato da costruzioni e capannoni ed attraversato da strade già costruite, come quella del G8 che parte dalla Scuola della Guardia di Finanza e corre parallela alla Statale 80, e da costruire, come la bretella alla Statale 80 di poco più di un chilometro che passerà immediatamente a ridosso del Teatro Romano.
Le strade passerebbero tutte su aree delicate e notissime per i copiosi reperti che hanno restituito. Attraverserebbero per una significativa parte la zona dove sorgeva l’antica città di Amiternum, città senza mura e di vaste dimensioni, come certificato dal prof. M. Heinzelmann nelle sue ricerche finanziate dal Governo tedesco. Un’area protetta con precisi e dettagliati vincoli espressi nel Piano Regionale Paesistico, Ambito Fiume Aterno, che la classifica in zona A1, a conservazione integrale, dove tra gli usi compatibili è negata la costruzione di strade di qualsivoglia gerarchia. Anche un Galassino, DM. 21.06.1985, interessa la zona, e ne prevede l’integrale salvaguardia.
Nonostante tutte queste regole e limiti ed in barba al divieto espresso di realizzare qualsivoglia tipo di strada nelle aree in zona A1 del PRP, l’Anas ha progettato e si è vista approvare la bretella che passa per due terzi entro la zona di conservazione integrale. Strada che interrompe sia la continuità archeologica che quella paesaggistica e raddoppia di fatto la viabilità esistente, che doveva e poteva essere solo migliorata. Strade che a nulla servono se non ad occupare e ad asfaltare ancora suolo.
La strada progettata dall’Anas, quella che passerà a meno di quaranta metri dal Teatro e tra quest’ ultimo ed il grande monumento funerario noto come Sant’Antonigliù, distrugge un frammento ancora leggibile del paesaggio agrario costruito e nega la continuità archeologica tra la parte della città romana in basso e l’emergenza archeologica sul Colle di Jereone, rappresentata dai resti del castello medievale che poggiano su murature romane con probabili resti italici.
Malgrado tutte queste considerazioni, alle quali vanno aggiunti anche gli aspetti naturalistici come la presenza accertata nell’area, del capriolo e di altri mammiferi che utilizzano quei luoghi come corridoi per l’abbeverata, non è stata nemmeno redatta la VIA, ma solo un impreciso e superficiale Studio Preliminare Ambientale per la Verifica di Assoggettabilità a VIA. Gravi responsabilità nell’approvazione del progetto sono a carico del MIBACT, competente con le Soprintendenze locali degli aspetti paesaggistici ed archeologici.
Anche in questo caso si ricorda l’obbligatorietà di sottoporre l’intervento a quanto indicato dall’art. 28 c. 4 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (d.lgs. 42/2004) ed in particolare a quanto previsto dalla circolare n. 10 del 15 giugno 2012, Procedure di verifica preventiva ai sensi degli artt. 95 e 96 del d.lgs. 163/06, dalla successiva circolare n. 1/2016, Disciplina del procedimento di cui all’articolo 28, comma 4; del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, ed agli articoli 95 e 96 del d.lgs. 14 aprile 2006, n. 163, per la verifica preventiva dell’interesse archeologico delle aree prescelte per la localizzazione delle opere pubbliche o di interesse pubblico ed infine dal nuovo Codice dei Lavori Pubblici, art. 25 d.lgs. 50/2016.
Anche in questo caso sono possibili soluzione alternative, meno costose e che salvaguardino i valori archeologici ed ambientali dell’area. Se n’è mai parlato con le comunità interessate?