Finora è stato tutto un rincorrersi trasversale di ruoli, assessorati ed incarichi senza ancora parlare di idee di città e di futuro per L’Aquila. La geografia politica tra chi si propone agli elettori per il dopo Cialente è molto frammentata e non lavorerà ad un muro comune che punti ad alzare l’asticella, il rischio è di un nuovo vecchio quinquennio vissuto da decine di anime diverse, ognuna pronta a far contare la propria senza un’idea di città da condividere. Sullo sfondo il nazionale, il ministro della Giustizia Andrea Orlando è stato ieri all’Aquila per promuoversi alla guida del Pd alle prossime primarie con Renzi ed Emiliano. Orlando vorrebbe essere innovativo ma non di rottura, quasi di sinistra ma non troppo, il giusto per accontentare quella massa critica che brulica dentro il partito, per convincerla che uniti si può. Renzi da rottamatore della politica è diventato uno di quelli che non mollano neanche dopo il cataclisma costituzionale del 4 dicembre 2016, quando invece di capire il messaggio degli italiani, ha riproposto la Boschi, sonoramente bocciata dagli elettori. Da lì la scissione da cui è appena nato il Movimento Democratico e Progressista con Speranza, Bersani e anche D’Alema e tanta dirigenza di altrettanta sinistra integralista che in tanti anni non è mai riuscita a convincere lavoratori, operai e classe media di essere come loro. Proprio oggi da Pescara il Movimento ha voluto registrare il fatto politico nuovo per contare di più tra un Pd sempre più di destra e liberale ed una sinistra isolata che non riesce ad esserci. Andrebbe benissimo se fosse un nuovo inizio ed un nuovo percorso che torni a parlare il linguaggio della gente, c’è un divario di classe a cui una dinamica perversa ha restituito nuova vita, è profondamente radicato, la gente non si fida più vuole vedere i fatti e non le nuove geografie politiche che promettono innovazioni e sviluppi ancor prima di pensare all’occupazione, alle tasse, ai salari, alle pensioni e ad uno stato sociale che non esiste più.